HIZB’ALLAH – DENTRO LA RESISTENZA

8 Ago

HIZB’ALLAH – DENTRO LA RESISTENZA

– di Dagoberto Husayn Bellucci

 

 

“La nazione iraniana è oggi orgogliosa di resistere alla potenza regionale più insolente e barbara del mondo: al cancro sionista denominato “Israele”.”

( Sayyed Alì al Khamine’ì – Guida Suprema della Rivoluzione Islamica dell’Iran in occasione della Giornata Mondiale di Al Qods – 19 settembre 2009 )

“La vittoria della resistenza libanese è una dimostrazione ulteriore che che il malvagio regime sionista può essere sconfitto dalla forte volontà e dalla salda fede dei Mujahedeen dell’Islam. Salutiamo la vittoria di Hizb’Allah e delle sue armi come una vittoria dell’Islam contro l’usurpazione sionista della Palestina e del mondo arabo.”

(Sayyed Alì al Khamine’ì – Guida Suprema della Rivoluzione Islamica dell’Iran in occasione della vittoria della Resistenza Islamica in Libano – 14 agosto 2006)

“Israele va eliminato dalla faccia della terra. Se ogni musulmano gettasse un secchio d’acqua su Israele, Israele verrebbe cancellato. Oggi più che mai il regime criminale sionista si sta disintegrando dall’interno. La Resistenza Islamica ha ormai travolto la leggenda dell’invincibilità del regime sionista”

( Manoucher Mottaki – Ministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran – 1 Giugno 2008 )

 

 

Massmediaticamente ‘percepito’ a livello di opinione pubblica occidentale quale organizzazione terroristica e sovente rappresentato come una sorta di “al qaeda” in versione sciita Hizb’Allah , il Partito di Dio sciita libanese filo-iraniano, è a tutt’oggi per la stragrande maggioranza dei corrispondenti esteri in ‘arrivo’ a Beirut una specie di enigmatico movimento del quale pochi hanno realmente intenzione di comprendere origini e sviluppo storico e, ancora meno, hanno interesse a riportare fedelmente quanto lapalissianamente si dipana dinanzi ai loro occhi quale realtà socio-politica e territoriale di organizzazione eterogenea e multifunzionale al servizio degli interessi di una comunità, quella sciita, e di un’insieme di ragioni ideologiche, politiche e di sicurezza nazionale che fanno del movimento diretto oramai da diciassette anni da Sayyed Hassan Nasrallah il principale fattore di stabilità interno al panorama politico del paese dei cedri.

‘Spiegare’ Hizb’Allah ci rendiamo perfettamente conto non sia affatto ‘facile’ per i non addetti ai lavori o per gli improvvisati ‘corrispondenti’ occidentali sostanzialmente refrattari, per indole o per pregiudizio, a riportare fedelmente la realtà libanese che, nel suo insieme, dista anni luce rispetto ai clichè ed agli stereotipi prodotti per decenni dalla propaganda filo-sionista e filo-americana su un movimento dai contorni sotto molti aspetti incerti e dalle innumerevoli sfumature. Prima di passare ad una analisi dettagliata di quella che è la realtà Hizb’Allah occorre difatti eliminare l’alone di “mistero” e sradicare superficiali e sedimentate opinioni mistificheggianti, frutto di errate convinzioni, scarse conoscenze e di un’accettazione acritica delle convinzioni correnti dominanti i mass media e l’opinione pubblica occidentali.

Eliminare alla radice quello che è il modus operandi dell’insieme della stampa estera e dell’atteggiamento corrente fra corrispondenti e giornalisti, inviati e opinionisti, in particolar modo quando si trovano ad affrontare il ‘nodo’ Hizb’Allah è la prima regola che dovrebbe essere metabolizzata da chiunque, indipendentemente dalla propria appartenenza ideologico-politica o dalle proprie convinzioni, intenda presentare dossier ‘conformi’ alla realtà sociale, politica, religiosa, militare relativa al Partito di Dio ed alle sue innumerevoli branche operative anche per evitare banalmente di ricorrere, come spesso ci è capitato di sentire o leggere nei diversi ‘reportage’ dalla terra di nessuno del Libano meridionale, a stereotipi convenzionali utilizzati esclusivamente per riprodurre, più  meno coscientemente e più o meno fedelmente, ciò che corrisponde esclusivamente ai ‘desiderata’ della propaganda sionista o statunitense.

Prima ancora di illustrare la realtà, dall’interno e per quanto ci sarà possibile ‘rappresentarne’ validamente l’essenza più profonda, di Hizb’Allah e del suo braccio armato, occorre dunque categoricamente sgombrare il campo da ogni equivoco e porsi nettamente in un ordine di idee che va ben oltre la percezione massmediatica.

Storicamente ‘rappresentati’ quale gruppo politico e milizia i militanti di Hizb’Allah, ed il loro Segretario Generale Sayyed Hassan Nasrallah, hanno sempre categoricamente rifiutato la ‘dizione’ sistemico-opinionistica della propaganda occidentale di “milizia”: “Hizb’Allah non è una milizia – sentenziò durante il discorso di Piazza Riad el Sohl dell’8 marzo 2005 il Capo del movimento sciita – Hizb’Allah è la Resistenza e la Resistenza non si tocca!”.

Questa netta presa di distanza dalla terminologia utilizzata quotidianamente dai media occidentali – e rimbalzata perfino su emittenti e giornali del mondo arabo – riconosceva una duplice realtà e rispondeva alla doppia necessità di fare chiarezza da parte di Nasrallah e del suo movimento in un momento storico particolarmente delicato ovvero immediatamente dopo, a sole tre settimane di distanza, dall’attentato che il 14 febbraio precedente aveva letteralmente scosso i palazzi della capitale Beirut e quelli della politica regionale provocando la strage di San Valentino nella quale trovò la morte l’allora premier Rafiq Hariri e una ventina degli uomini della sua scorta personale. La figura di Hariri quale statista nazionale libanese e uomo della ricostruzione capeggia in ogni strada o piazza nei quartieri centrali di Beirut e, indiscutibilmente, si deve anche ai suoi legami internazionali ed alla sua influenza quale uomo d’affari e di finanza internazionale se il Libano uscì indenne da quella lunga fase transitoria che caratterizzò il periodo compreso fra la fine della guerra civile (1975-1990) e la liberazione del sud (2000) e che, per un decennio, vide il magnate televisivo sunnita – sorta di Berlusconi in salsa libanese – difendere il sacrosanto diritto della Resistenza Islamica e la legittimità istituzionale del movimento sciita di Hizb’Allah di farsi garante delle frontiere meridionali minacciate e, fino alla primavera 2000, direttamente occupate dai sionisti.

 

Quando Hizb’Allah rivendica il suo diritto naturale, maturato sul campo di battaglia in ventisette anni di presenza a guardia delle frontiere e in costante quotidiana allerta contro tutti i tentativi di aggressione e l’occupazione territoriale del paese da parte del vicino sionista, non fa altro che manifestare l’assoluta volontà di un intera nazione di difendere la propria sovranità nazionale, la propria indipendenza da qualsivoglia interferenza straniera e sostanzialmente rifiutare quella politica compromissoria e ricattatoria  atlantico-sionista che vorrebbe israelizzare e democratizzare l’intero Vicino Oriente funzionalmente alle volontà egemonico-imperialiste di Washington e Tel Aviv che nella regione operano quali autentici sabotatori della convivenza pacifica fomentando la sedizione etnico-confessionale, il caos generalizzato, le faide tribali fratricide sul modello di quanto auspicato, programmato e infine attuato nel vicino Iraq o nella stessa Palestina occupata dove l’entità criminale sionista, alias il governo d’occupazione israeliano, è riuscito nella propria strategia sediziosa a dividere i palestinesi fra i “moderati” dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) – più o meno ‘legalmente’ ed internazionalmente riconosciuta quale unica rappresentante degli interessi palestinesi – e i “radicali” o “estremisti” di Hamas (i ‘fondamentalisti’ brutti, sporchi e ‘cattivi’ secondo la ‘vulgata’ tradizionalmente ‘offerta’ dai media sistemico-sinagogici occidentali).

In realtà chi ha provocato sedizione e terrore – fomentando odio etnico e contrapposizioni confessionali fra sunniti e sciiti, ma anche fra curdi e arabi nel caso iracheno, così come il dissidio fra “laici” di Fatah e “religiosi” di Hamas per quanto concerne la Palestina – sono state esclusivamente le centrali di destabilizzazione atlantico-sioniste le quali, applicando quell’insegnamento neoconservatore sugli “scontri delle civiltà” di Huntingtoniana memoria, non hanno perso tempo nè sprecato energie per accaparrarsi, in Iraq come in Palestina, fidati ‘ascari’ fra le forze politiche locali ovvero ricercando collaborazionisti interessati a sfruttare le situazioni di caos politico-istituzionali prodotte da un lato dall’aggressione statunitense e dalla seguente occupazione dell’Iraq ba’athista dall’altro lato dalla pluridecennale occupazione militare israeliana della Palestina storica.

I modelli di riferimento per le strategie di sedizione neoconservatrici erano quelli della ex Yugoslavia (attraverso la balcanizzazione-libanesizzazione del teatro operativo all’interno del quale occorreva suscitare una violenza gratuita e odio inter-etnico ed inter-confessionale ‘rispondente’ a quel ‘divide et impera’ fatto proprio dall’amministrazione repubblicana durante il mandato Bush e attuato nel periodo post-11 settembre 2001 con successo prima in Afghanistan e successivamente in Iraq) qualora fosse stato possibile provocare l’incendio o, nel caso in cui difficoltà ed imprevisti fossero emersi a guastare i piani degli apprendisti stregoni del sistema mondialista e dei supervisori delle guerre asimmetriche contro “il terrorismo globale”, altrimenti ricorrendo al modello applicato in Georgia, Ucraina e successivamente anche in Serbia delle cosiddette “rivoluzioni colorate” (più o meno ‘arancioni’ e più o meno ‘democratiche’) ‘suscitate’ come per ‘magia’ dalle diverse fondazioni internazionali mondialiste, finanziate dalle “Corporation” e dai centri studi strategici occidentali, dal carattere anti-totalitario, dall’aspetto artificialmente ‘festoso’ prodotto ad hoc per istigare ribellioni contro le autorità legittimamente elette ed abbattere i sistemi istituzionali presentati sapientemente dall’apporto determinante della propaganda – ‘rimbalzata’ massmediaticamente sui canali televisivi dei quattro angoli del pianeta –  quali “dittature” oppressive della libertà e della democrazia.

Il refrain maggiormente utilizzato da Washington e dai suoi lacchè è quello della “ritrovata democrazia” sorta di ‘bacchetta magica’ alla quale si dovrebbero ‘abbandonare’ tutti i popoli e le nazioni del pianeta per risolvere i loro problemi….”libertà e democrazia” come nell’autunno 1989 quando la caduta del muro di Berlino provocherà il crollo dei sistemi d’ispirazione socialista dell’Europa orientale aprendo una stagione, ancora non del tutto finita, di precarietà sociale diffusa, fame, situazioni economico-finanziarie al collasso, spinte inapplicabili verso la riconversione in senso capitalistico di interi Stati fuoriusciti dall’oppressione comunista e sospinti a forza tra le braccia voraci e onnipervadenti del modello capitalistico-consumista….il delirio del New World Order made in USA che depauperizzerà intere collettività asservendole a forza alla grande catena di montaggio usurocratico-finanziaria dello Strozzinaggio Mondiale.

Quando l’ex segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, parlava di “esportazione della democrazia nel Medio Oriente” e quando la Rand Corporation e gli altri think thank mondialisti prospettava e prefiguravano il “Nuovo grande Medio Oriente” era a questi modelli di riferimento, a questi autentici sperimenti di eugenetica sociale e castrazione ideale e politica di identità, civiltà e tradizioni che ci si ispirava convinti che , come nei paesi dell’ex blocco sovietico europeo-orientale, anche nel Vicino Oriente, all’interno del mondo arabo e islamico, potessero bastare esclusivamente un pò di ‘bailamme’ militare, qualche conflitto estemporaneo condito da un pò di ‘bombardamenti chirurgici’ (…eufemistica rappresentazione massmediatica per mascherare la realtà dello stragismo terroristico e criminale yankee…) e la messinscena di “operazioni di polizia internazionale” –  che malamente fra l’altro nascondevano le mire imperialistico-egemoniche della Plutocrazia Mondiale e quelle della superpotenza a stelle e strisce – per ‘ordinare’ e condurre nell’ovile dell’occidentalizzazione del pianeta quei paesi e quelle comunità i cui soli torti erano quelli di tentare vie di sviluppo, modelli economici e istituzional-politico alieni da quelli democratico-occidentali….

Colpa suprema ed eresia maxima rifiutare la ‘manna celeste’, le parole d’ordine “democrazia e libertà”, i miti della tecnica e del progresso di una modernità che indiscutibilmente doveva essere “made in Usa”….chi ‘osava’ ribellarsi finiva inevitabilmente nella ‘black list’ dei cosiddetti “Stati canaglia” (Iran, Iraq, Siria, Afghanistan, Sudan, Cuba, Venezuela, Corea del Nord per citarne fra i più ‘noti’….) o dei movimenti “terroristi” (Hamas, Hizb’Allah…) … Operazione di grande propaganda massmediatica sostenuta, tollerata e ampiamente amplificata dai media dei quattro angoli del pianeta che per decenni hanno martellato quotidianamente per descrivere i “regimi del terrore”, le situazioni di intollerabile limitazione delle libertà d’opinione e di stampa, il silenzio che uccide, la repressione, le violenze istituzionali di nazioni che , di volta in volta, venivano ad allungare o accorciare – a seconda ovviamente della loro funzionalità o meno ai diktat-desiderata sionisti-americani – la ‘lista nera’….la Libia di Gheddafi per fare un esempio, la Bielorussia di Luckhashenko, la Serbia di Milosevic e chi più ne ha più ne metta…. Washington ‘decide’ chi dev’essere il ‘prossimo’ e a chi toccherà, domani, subire future ‘normalizzazioni’ foss’anche mediante bombardamenti terroristico-criminali, complotti Cia, sabotaggi, sedizione interna, uso spregiudicato della diplomazia e ricatti di qualunque sorta sovente ‘delegati’ ad enti o istituzioni preposti (FMI, Banca Mondiale, AIEA ecc ecc.).

Al di là di quelle che sono le diversioni strategiche e le modalità d’attuazione dei differenti tentativi di sedizione atlantico-sionisti attuati contro l’indipendenza e la sovranità nazionale dei singoli Stati occorre sottolineare come un’identico panorama di complotti, stragi e sovvenzioni a questa o quell’altra organizzazione “rivoluzionaria” abbia contraddistinto il modus operandi che l’America – la madre di tutte le cospirazioni – ha utilizzato e eterodiretto fin dall’immediato secondo dopoguerra mondiale anche sul territorio coloniale italiota ….non stupisca quindi se ci riferiamo al Libano e all’area geopolitico-strategica vicino-orientale come ad un vero e proprio laboratorio politico e il principale fronte di combattimento nella metastorica e metapolitica contrapposizione che oppone l’Occidente americanocentrico e sionista, capitalistico-consumista , giudaizzato nell’anima e circonciso nella carne da un lato e l’Islam tradizionale e rivoluzionario esemplarmente incarnato dalla teofanica apparizione politico-ideologica, spirituale e militare della Repubblica Islamica dell’Iran massimo referente planetario nella lotta delle nazioni oppresse e diseredate dalla novella dittatura sinagogico-tecnocratica dei banchieri, delle finanza cosmopolita, delle multinazionali al servizio permanente ed effettivo degli interessi dell’Internazionale Ebraica axis-mundi contro-tradizionale per eccellenza, centro nevralgico della Sovversione e catalizzatore di tutte le istanze avversarie dell’umanità.

Hizb’Allah in Libano rappresenta la proiezione naturale della Rivoluzione Islamica khomeinista iraniana: epicentro dell’insurrezione sciita in terra araba e avanguardia rivoluzionaria al servizio della causa di Verità e Giustizia che, su di un piano metastorico, appare lapalissianamente nella rivolta di Karbala del Terzo Imam della scuola shi’ita duodecimana, al Husayn (la Pace e le benedizioni di Allah su di Lui) , il Signore dei Martiri per eccellenza, ovvero nel combattimento per la causa della restaurazione del puro islam mohammadiano.

La Rivoluzione Islamica del compianto Imam Khomeini (che Dio lo abbia in gloria) rialzerà la bandiera dell’Islam politico e rivoluzionario convogliando e fascinando le masse rivoluzionarie musulmane iraniane nella grandiosa opera di riedificazione di uno Stato secondo giustizia e verità, ispirato ai principi della scuola dell’Ahl ul Bayth shi’ita e al modello platonico. Khomeini rappresenterà per gli sciiti iraniani – ma anche per tutti coloro i quali sapranno riconoscere i “segni dei tempi” nell’epopea rivoluzionaria iraniana  – il Giuriesperto, il Waly et faqhi , capace di determinare un radicale mutamento nel corso degli eventi storici attraverso l’appello costante alla rivolta contro la cricca criminale del passato regime imperiale dei pahlevi infeudati all’imperialismo americano e al sionismo internazionale.

La lotta di liberazione condotta nelle strade e piazze della capitale Teheran e il processo rivoluzionario che caratterizzerà tutti gli anni Settanta l’Iran moderno incarneranno – quale eterna costante riproposizione di una tragedia senza fine annualmente commemorata e celebrata dalle comunità sciite di tutto il mondo attraverso i dieci giorni rituali dell’asciurà nel mese di Muharram – e riporteranno in vita il mito di al Husayn (a.s.), la lotta degli oppressi contro gli oppressori e lo spirito di menzogna ed iniquità che contraddistingue le forze dell’anti-tradizione…e tale sarà, in ultima analisi, il senso ultimo, l’essenza più profonda, che contraddistinguerà la Rivoluzione Islamica iraniana.

Hizb’Allah in Libano riprenderà le parole d’ordine della rivoluzione iraniana: nascerà quale movimento di resistenza durante l’invasione sionista del paese dei cedri, in occasione della cosiddetta “operazione pace in Galilea” lanciata dal premier sionista Menachem Begin e dal suo ministro della difesa Gen. Ariel Sharon (il macellaio di Sabra e Chatila) per israelizzare l’area a nord della Palestina occupata, dare manforte alle milizie cristiano-maronite dell’alleato falangista (all’epoca al potere a Beirut con la presidenza della Repubblica libanese affidata a Bashir Gemayel) e sostenere l’innaturale spartizione del Libano in autentiche aree d’influenza etnico-confessionali con l’utopistico progetto di creazione di un Marunistan ovvero lo Stato cristiano-sionista alleato d'”Israele” e contrapposto alle formazioni della resistenza palestinese e alla vicina Siria.

Il Partito di Dio sciita libanese nasce come emanazione diretta dell’analogo movimento politico-militante esistente in Iran, sul modello spartano militare del soldato politico del Basij Pasdaran (all’epoca impegnato nella guerra imposta dall’Iraq ba’athista e disciplinatamente lanciato sul fronte meridionale dell’area dello Shatt el Arab a contrastare l’aggressione saddamista), e rappresenterà per anni un’autentico enigma per gli osservatori internazionali e per i media arabi e occidentali.

In questa sede non ricostruiremo soltanto quella che è la storia del movimento politico e dell’organizzazione militare denominata Resistenza Islamica direttamente controllata da Hizb’Allah ma cercheremo soprattutto di presentare le ragioni ideali e le fasi che hanno contraddistinto l’evoluzione di un partito trasformatosi nel corso dell’ultimo ventennio in partito politico di massa, riferimento per l’intera comunità confessionale degli sciiti del paese dei cedri e in una forza di governo che risulta determinante e centrale all’interno del panorama politico nazionale libanese così come fondamentale la sua struttura militare nel perimetro geopolitico e strategico del Vicino Oriente.

Hizb’Allah infatti è una galassia multiforme che si presenta di volta in volta al servizio degli interessi socio-economici, politico-culturale, spirituali e militari della comunità sciita di cui è supremo ed indiscusso referente: esiste Haraqat ‘Amal, sorta di “casa-madre” dalla quale il Partito di Dio di Nasrallah nasce e si stacca nei primissimi anni Ottanta, ma la rilevanza e l’autorità che gli uomini di Hzb si sono conquistati nell’ultimo ventennio ha, di fatto, retrocesso il partito-gemello dell’avvocato Nabih Berry (presidente dell’assemblea parlamentare) a copartecipante delle decisioni e delle scelte della dirigenza Hizb’Allah.

Senza nulla togliere al valore ed alla dedizione, alla fede e al martirio subito nei confronti dell’aggressore sionista dai militanti di ‘Amal possiamo dire che attualmente esista nel panorama politico rappresentativo della comunità sciita libanese un solo autentico rappresentante e che questo sia indiscutibilmente Hizb’Allah il quale, sia detto per inciso, ha mantenuto intatte le sue prerogative di organizzazione combattentistica di resistenza, movimento di popolo e partito politico e, infine, forza di governo.

‘Amal e Hizb’Allah oltretutto costituiscono assieme un granitico blocco politico-militante, una macchina elettorale tritatutto che ha vinto le consultazioni elettorali nel sud del paese e nella Beka’a (tradizionali feudi sciiti del paese) e assieme formano il Blocco parlamentare della Resistenza che garantisce istituzionalmente e rappresenta gli interessi di tutti coloro i quali riconoscono il diritto inalienabile del braccio militare di Hizb’Allah di difendere i confini meridionali ed il paese dei cedri dalle continue minacce sioniste. ‘Sindacare’ inutilmente su inesistenti divisioni fra due partiti gemelli che combattono da anni una identica battaglia politica e ideologica, che rappresentano assieme la medesima comunità confessionale e gli stessi interessi ed infine sono , di fatto, la Resistenza Libanese è oltremodo irrispettoso nei confronti di due realtà che, in epoche diverse, hanno entrambe svolto una funzione conforme alla loro natura, storia, identità.

Possiamo solo aggiungere che senza la Rivoluzione Islamica in Iran oggi non esisterebbe Hizb’Allah come, d’altro canto, senza la precedente gestione degli affari della comunità sciita libanese che negli anni Settanta ruotava attorno alla carismatica figura dell’Imam Mossa Sadr – fondatore del movimento degli oppressi e leader spirituale di ‘Amal – non potrebbe esistere una continuità ideale di obiettivi, ideali e valori costituita dall’attuale alleanza d’acciaio che contraddistingue i due Capi dei movimenti sciiti libanesi: Berry e Nasrallah sono e rappresentano gli sciiti del Libano! Due uomini diversi, con due funzioni distinte, operativamente impegnati in due ruoli diversi che marciano uniti per il bene comune della comunità di riferimento, per la sovranità nazionale libanese, per l’indipendenza del paese dei cedri.

In seno alla comunità sciiti tutti i tentativi – che pure sono stati attuati dalle centrali di disinformazione e sedizione atlantico-sioniste – per creare organizzazioni-civetta antitetiche ad Hizb’Allah o ad ‘Amal sono miseramente falliti dinanzi all’unanime consenso popolare che l’intero gruppo confessionale sciita ripone nei confronti di una delle due organizzazioni storiche. Le ‘differenze’ fra Hizb’Allah ed ‘Amal spesso pretestuosamente ‘ricercate’ dagli interessati fomentatori di sedizione della carta straccia occidentale sono irrilevanti e oltremodo capziose: che Hzb sia fedele all’Iran khomeinista mentre ‘Amal sia maggiormente legato alla Siria di Assad è un dato fattuale che non modifica di una virgola le valutazioni relative al ruolo difforme dei due partiti-gemelli sciiti (oltretutto da trent’anni esiste un asse Teheran-Damasco che è garanzia di difesa della sovranità nazionale araba e ultimo bastione del nazionalismo arabo d’ispirazione Ba’ath) nè lo sarebbe la presunta/pretesa (e francamente tutta da dimostrare) maggior laicità di ‘Amal rispetto al Partito di Dio.

Noi affermiamo che entrambi hanno un ruolo determinante, una funzione distinta ma essenziale, ognuno all’interno del proprio ambito e del proprio naturale spazio di manovra politica che non ha impedito ai militanti dell’uno e dell’altro partito di scendere uniti e ‘motociclisticamente’ disciplinati per le strade della capitale a far piazza pulita della ‘canea’ harirista in occasione dei disordini che, nel maggio di un anno fa, portarono all’occupazione militare di ampi settori di Beirut.

Questo per quanto concerne gli avvenimenti più recenti della vita politica libanese mentre sottolineiamo l’impegno militare profuso da entrambe le organizzazioni sciite contro l’occupazione sionista del Libano meridionale nel passato, durante l’epoca della guerra civile negli anni Ottanta e – successivamente – quando “Israele” creò la cosiddetta “fascia di sicurezza” a sud del fiume Litani….chiunque visiti oggi i villaggi del Libano meridionale può riconoscere nei manifesti l’iconografia dei due movimenti e nelle foto dei loro combattenti martiri gli eroi che hanno combattuto contro l’invasore sionista distintamente contrassegnati dal colore rosso-nero-verde (‘Amal) o giallo-verde (Hzb). Nè deve così stupire che alle manifestazioni dell’uno o dell’altro partito si sventolino tranquillamente entrambi i drappi a suggellare una alleanza d’acciaio che caratterizza e unisce i destini degli sciiti del Libano.

In merito alle vicende storiche della Resistenza anti-israeliana del Libano occorre in questa sede – e per completare il quadro d’insieme storico-politico e militare – ricordare che tra le organizzazioni politiche che hanno opposto una fiera resistenza contro l’invasore sionista vi furono sicuramente i militanti del Partito Comunista Libanese (di cui si ricorda il martirio dell’autunno 1949 nel villaggio di Hula) e quelli del Partito Nazional Sociale Siriano (che furono fra l’altro i primi autori di un attacco modello-kamikaze durante l’occupazione israeliana della capitale Beirut nella centralissima rue Hamra dove i sionisti avevano creato il loro quartier generale).

Per una breve disamina del terrorismo sionista nel paese dei cedri riportiamo questo documento, pubblicato dal movimento di Hizb’Allah un decennio or sono e tradotto dall’inglese dal periodico “Il Puro Islam” di Napoli, esaudiente per una panoramica che dalla costituzione dell’emporio criminale sionista occupante la Terrasanta palestinese fino ai giorni nostri (purtroppo ai dati sotto riportati occorre aggiungere le inaudite stragi commesse nell’estate 2006 in occasione dell’ultima aggressione) illustra la centralità geopolitica, il ruolo strategico e la particolarissima importanza che riveste da sempre il Libano per i piani d’espansione sionisti nel Vicino Oriente:

“Il terrorismo sionista assume forme molteplici per perseguire i suoi fini. I cosiddetti “israeliani” fanno uso dei metodi più brutali, dall’assassinio a sangue freddo alla strage di vite innocenti, ed hanno intensificato i loro attacchi nel corso degli anni, al punto che le carneficine di civili libanesi inermi sono diventate per loro un fatto abituale. Nello stesso tempo gli USA, che fanno di tutto per imporre ai popoli il loro “nuovo ordine mondiale”, pretendono di mettere sulle stesso piano le sofferenze delle vittime innocenti ed i crimini dei carnefici. In aggiunta a tutto questo, il sedicente “stato d’Israele” vuol far credere all’opinione pubblica internazionale di essere sinceramente interessato al perseguimento della pace, nel tentativo di nascondere la sua vera natura e la sua storia sanguinaria. Ma tutti questi sforzi sono destinati a fallire, perché i sionisti non sono capaci di rinunziare al linguaggio del sangue, della violenza e del terrore, come risulta evidente dalle parole di David Levy: “Brucerà il suolo del Libano…sangue per sangue, bambino per bambino”. Questo minacce, che si sono tradotte in atti criminali compiuti contro le nostre donne, i nostri vecchi e i nostri bambini, non hanno potuto e mai potranno indebolire la resistenza dei nostri uomini, che a prezzo del loro sangue hanno innalzato la bandiera della vittoria sui corpi dei nemici uccisi in battaglia. La resistenza all’aggressione sionista è l’unica garanzia per la difesa dei diritti e la salvaguardia della dignità di tutti gli arabi e di tutti i musulmani, fonte del nostro onore, luce che illumina il cielo della nostra nazione.

MASSACRO DI SALHA, 1948, 105 morti: dopo aver costretto la popolazione a riunirsi nella moschea del villaggio, faccia contro il muro, i sionisti cominciarono a far fuoco alle spalle, sino a che il pavimento della moschea non si trasformò in un lago di sangue.

MASSACRO DI HULA, 17 Ottobre 1949, 90 morti: questa folle carneficina di vite innocenti venne compiuta a titolo di “punizione” per avere gli abitanti del villaggio dato asilo ad un gruppo di profughi palestinesi.

MASSACRO DI AYTURUN, 1975, 9 morti e 23 feriti: i sionisti perpetrarono la strage prima facendo esplodere una bomba “booby trap” (ordigno dall’apparenza inoffensiva, n.d.t.); dopo di che sequestrarono tre fratelli, li uccisero e ne gettarono i corpi sulla strada.

MASSACRO DI KAWNIN, 15 Ottobre 1975, 16 morti: un carro armato sionista travolse deliberatamente un automezzo civile che trasportava 16 persone, nessuna delle quali sfuggì alla morte.

MASSACRO DI HANIN, 16 Ottobre 1976, 20 morti: dopo averlo a lungo assediato e bombardato, i sionisti fecero irruzione nel villaggio massacrandone gli abitanti.

MASSACRO DI BINT JIBAYL, 21 Ottobre 1976, 23 morti e 30 feriti: un improvviso bombardamento sionista fece strage tra la gente che affollava il mercato del villaggio.

MASSACRO DI KHIAM, Marzo 1978, 100 morti: dopo un bombardamento notturno, i sionisti occuparono il villaggio, ne massacrarono gli abitanti e non lo abbandonarono se non dopo averlo completamente distrutto.

MASSACRO DI AUSAY, 15 Marzo 1978, 26 morti e 20 feriti: durante l’invasione del 1978, aerei sionisti bombardarono il centro abitato causando morte e distruzione.

MASSACRO DI ABBASYYAH, 15 Marzo 1978, 80 morti: sempre durante l’invasione del 1978, aerei sionisti distrussero la moschea di Abbasiyyah, facendo strage dei civili inermi che avevano cercato rifugio nel luogo sacro.

MASSACRO DI ADLUN, 17 Marzo 1978, 17 morti: all’alba del 17 Marzo, due autoveicoli che percorrevano la strada per Beyrut vennero colpiti dal fuoco sionista. Solo un passeggero riuscì a sfuggire alla morte.

MASSACRO DI SIDONE, 4 Aprile 1981, 20 morti, 30 feriti: l’artiglieria sionista aprì il fuoco contro uno dei quartieri residenziali di Sidone, uccidendo molti civili e danneggiando molti edifici.

MASSACRO DI FAKHANY, 17 Giugno 1981, 150 morti, 600 feriti: gli aerei sionisti bombardarono a ondate successive alcuni quartieri residenziali di Beyrut, causando un’orribile strage.

MASSACRO DI BEYRUT, 17 Luglio 1981, 150 morti, 600 feriti: gli aerei sionisti bombardarono a ondate successive alcuni quartieri residenziali di Beyrut, seminandovi morte e distruzione.

MASSACRO DI SABRA E SHATILA, Settembre 1982: 3500 morti

MASSACRO DI JIBSHIT, 27 Marzo 1984, 7 morti e 10 feriti: i blindati e gli elicotteri delle forze d’occupazione spararono sulla folla inerme.

I° MASSACRO DI SUHMUR, 19 Settembre 1984, 13 morti e 12 feriti: le forze d’occupazione fecero irruzione nella città con blindati e truppe autotrasportate sparando sugli abitanti.

MASSACRO DI SYR AL GARBYAH, 23 Febbraio 1985, 7 morti: la strage ebbe luogo nella moschea, dove la popolazione si era rifugiata per fuggire ai sionisti che avevano fatto irruzione nel centro abitato.

MASSACRO DI MARAKAH, 5 Marzo 1985, 15 morti: le truppe di occupazione nascosero un ordigno esplosivo nella moschea della città, che venne fatto esplodere durante una distribuzione di aiuti a civili inermi.

MASSACRO DI ZARARYAH, 11 Marzo 1985, 22 morti: dopo un pesante bombardamento, i sionisti occuparono il centro abitato massacrando donne, vecchi e bambini.

MASSACRO DI HUMIN AL TAHTA, 21 Marzo 1985, 20 morti: le forze d’occupazione fecero strage di civili nella scuola del villaggio.

MASSACRO DI JUBA, 30 Marzo 1985, 5 morti, 5 feriti: i sionisti assediarono l’abitato e fecero fuoco su di un gruppo di civili che tentava di fuggire.

MASSACRO DI YUHMUR, 13 Aprile 1985, 10 morti: all’una di notte, i sionisti fecero irruzione nel villaggio e diedero fuoco ad alcune case; tra gli uccisi, un’intera famiglia di 6 persone.

MASSACRO DI TIRO, 17 Agosto 1986, 4 morti e 79 feriti: i sionisti infierirono sui cadaveri delle vittime, mozzando loro mani ed orecchie.

MASSACRO DEL CAMPO PALESTINESE DI BAHR EL BARAD, 11 Dicembre 1986, 20 morti e 22 feriti: gli aerei sionisti bombardarono il campo seminando morte e distruzione tra i rifugiati.

MASSACRO DEL CAMPO PALESTINESE DI AIN AL HILWA, 5 Settembre 1987, 64 morti e 41 feriti: gli aerei sionisti attaccarono per tre volte il campo, uccidendo 31 persone e ferendone 41 nel corso delle prime due incursioni. Le restanti vittime furono causate da un terzo attacco, effettuato durante l’evacuazione dei morti e dei feriti.

MASSACRO DI SIDDIQIN, 25 Luglio 1990, 3 morti: una bomba lanciata da un aereo sionista distrusse una casa. Tra le vittime, un bimbo di 4 anni.

MASSACRO DELLA FESTA DI AID, (Beqa occidentale), 29 Dicembre 1990, 8 morti e 11 feriti: gli aerei sionisti colpirono un gruppo di bambini che stavano festeggiando la ricorrenza di Aid.

I° MASSACRO DI KAFARARMAN, Gennaio 1991: 4 morti e 3 feriti.

II° MASSACRO DI KAFARMAN, 29 Giugno 1992, 5 morti e 3 feriti.

I° MASSACRO DI NABATIYYAH, 21 Marzo 1994, 4 morti e 10 feriti.

MASSACRO DI ARAMTA, 15 Aprile 1994, 2 morti e 6 feriti: i sionisti entrarono nel paese, sparando sui civili, e deportarono uomini e donne in un campo di concentramento.

MASSACRO DI DAYR AL ZHRANY, 5 Agosto 1994, 8 morti e 17 feriti: un aereo sionista lanciò un missile contro una casa, distruggendola.

II° MASSACRO DI SUHMUR, 12 Aprile 1996, 8 morti: l’artiglieria sionista colpì un automezzo civile che trasportava 8 passeggeri, uccidendoli tutti.

MASSACRO DI MANSURY, 13 Aprile 1996, 6 morti, 7 feriti: la strage fu perpetrata da un elicottero sionista che colpì un’autoambulanza che trasportava bambini.

II° MASSACRO DI NABATIYYAH, 18 Aprile 1996, 9 morti, 7 feriti: un aereo sionista lanciò un missile contro una casa, facendola saltare in aria con tutti gli abitanti.

MASSACRO DI QANA, 18 Aprile 1996, 106 morti, 110 feriti: i sionisti perpetrarono questa efferata carneficina colpendo con l’artiglieria un campo delle Nazioni Unite dove centinaia di civili si erano rifugiati per sfuggire ai loro bombardamenti. Pochi dei corpi carbonizzati e sfigurati potranno essere identificati.

MASSACRO DI JANTA, 22 Dicembre 1998, 7 morti: una madre e 6 figli vengono colpiti da un aereo sionista al ritorno a casa dai campi.” (1)

E’ significativo inoltre che un velo di omertà e silenzio sia calato, anche all’indomani della liberazione del sud del paese, sui crimini sionisti ‘tangibilmente’ visibili e ampiamente documentati dalla presenza della prigione israeliana di Khiam per quasi vent’anni centro di detenzione e carcere di torture utilizzato dagli sgherri di ‘tsahal’ e dai servizi di sicurezza del Mossad per estorcere confessioni ai detenuti libanesi e palestinesi ivi incarcerati e spesso successivamente trasportati nelle carceri  della Palestina occupata.

 

In merito alla prigione sionista ed ai metodi di tortura utilizzati dagli israeliani a Khiam oltre ad un nostro articolo pubblicato nell’estate 2006 dal quotidiano “Rinascita” ecco quanto riporta il sito internet http://www.infopal.it dell’omonima Agenzia di Stampa:

“Secondo il sito di News Israeliano Yedioth Internet, l’esercito Israeliano ha iniziato a costruire un centro di detenzione temporanea ideato per incarcerare i prigionieri Libanesi che verranno catturati durante le operazioni dell’esercito nel Sud del Libano… Il fatto che all’esercito sia stato rilasciato un permesso speciale dal Rabbinato Militare per continuare con i lavori di costruzione per tutta la giornata di sabato [altrimenti giorno festivo, NdT] dimostra l’urgenza attribuita al progetto.

In altre parole, la detenzione e la tortura di Sciiti Libanesi (che sono considerati tutti essere membri di Hezbollah) ha ricevuto l’imprimatur della più alta autorità religiosa d’Israele. Come queste persone riescano a dormire la notte è un mistero.

Durante la scorsa occupazione del Sud del Libano, Israele usò la prigione di Khiam per concentrare e torturare i Libanesi [una descrizione della prigione, con numerose testimonianze di ex detenuti e loro parenti, si può trovare a questo link n.d.t.], una chiara violazione della “Convenzione contro la tortura, crudeltà e trattamento disumano o degradante di prigionieri”, un accordo di cui Israele fa parte.

“Da quando la struttura aprì nel 1985, centinaia di Libanesi sono stati detenuti arbitrariamente a Khiam senza accusa e per periodi di tempo indefiniti. Molti dei detenuti, donne incluse, sono stati torturati durante le interrogazioni e soggetti a pessime condizioni di reclusione,” riportò Human Right Watch nel 1999, un anno prima che Hezbollah cacciò l’esercito Israeliano fuori dal Libano.

Nessun dubbio che la nuova “struttura di detenzione” Israeliana rispecchierà le stanze della tortura a Khiam.

“Le deposizioni dei prigionieri e le celle testimoniano cosa succedeva lì dentro,” spiega Arjan El Fassed, scrivendo per Electronic Intifada. “I prigionieri venivano stipati in minuscoli, sudici spazi dove mangiavano e dormivano. A quelli che non erano reclusi da soli veniva permesso di uscire una volta a settimana per 15 o 30 minuti per andare nella ‘stanza del sole’ ed in uno spazio all’aperto circondato da mura”.

I prigioneri venivano torturati di routine, 3 volte al giorno. La tortura includeva le percosse, il venir colpiti con cavi elettrici nelle parti sensibili del corpo ed il dover rimanere immobili in posizioni dolorose…

Ai detenuti venivano date razioni di cibo inadeguate e venivano picchiati quando pregavano, fino ad una rivolta nel 1989, durante la quale due prigionieri, Bilal al-Salman e Ibrahim Abu ‘Azz, furono uccisi…

Tra i prigionieri ci fu la giornalista Libanese Cosette Ibrahim, rapita mentre lavorava nel Sud del Libano. Alcuni dei detenuti erano ragazzini, come il quindicenne Ali Tawbeh, che fu trascinato via da casa insieme ai genitori dalle forze di occupazione nel 1997. Altri ostaggi, come Abdeh Malkani, avevano più di settant’anni. Hussein Awada, di anni 65, era stato detenuto sin dal giugno del 1999. Aveva seri problemi al cuore e poteva muoversi solo col bastone…

Tra il 1987 ed il 1995 a Khiam non fu permessa l’entrata alle famiglie dei prigionieri. Fu loro negato il diritto di richiedere una verifica della legalità della loro prigionia. Alcuni detenuti sono morti a Khiam, alcuni dopo esser stati torturati, altri a causa della mancanza di trattamento medico. Altri prigionieri sono stati rilasciati dopo anni di torture e di isolamento con seri disturbi fisici o mentali.” (2)

Per comprendere meglio l’inferno concentrazionario sionista, autentica indelebile vergogna ed infamia per “Israele” al di là dell’inutile bombardamento che ha raso al tappeto l’intera struttura durante i 33 giorni di aggressione dell’estate 2006 e che avrebbe dovuto eliminare la “prova” più schiacciante dei crimini contro l’umanità commessi in terra libanese dall’esercito d’occupazione sionista, ecco quanto ha dichiarato un militante del PCL – comunisti libanesi – detenuto a Khiam.

Si tratta di una testimonianza presente in rete di assoluto valore e di un’attualità agghiacciante anche alla luce dei quotidiani massacri commessi dai sionisti nella Palestina occupata.

Allo stesso tempo è una testimonianza che, al pari di quelle ascoltate e riportate dal sottoscritto dai racconti dei reduci nelle prigioni sioniste, conferma il carattere eminentemente terroristico-criminale dell’occupazione israeliana del Libano:

Che cosa era il carcere del Khiam, quali erano le condizioni di detenzione, chi lo gestiva?
Il campo di El Khiam, ed ogni carcere o prigione nel mondo, non può essere altro che una scuola rivoluzionaria, specialmente per coloro che sono portatori dei principi rivoluzionari. In essi, con il passare del tempo, si consolida e cresce la convinzione in questi principi. Nessun tempo e nessuna tortura possono far cambiare loro ideologia.
Così i carcerieri diventano dei prigionieri, e loro saranno liberi sempre “perché chi limita la libertà degli altri, non può essere libero.”
Non posso raccontare tutto quello che mi è successo durante questi lunghissimi 15 anni in poche righe, ma spero che un giorno, con l’aiuto di qualcuno, riuscirò a scrivere la mia storia in un libro.
Il campo di El Khiam, e di conseguenza tutti quelli che ci stavano dentro, ha passato tre fasi importanti:
1) la prima fase, dal 1985 al 1989, è stata la fase dell’inferno (torture bestiali, condizioni mortali).
2) la seconda fase, dal 1989 al 1994, è stata la fase delle ristrettezze (non c’era niente, solo la fame la sete, il freddo…).
3) La terza fase, dal 1994 al 2000, è stata la fase del “benessere” (rispetto ai periodi precedenti, ovviamente); questa fase è iniziata dopo l’entrata della croce rossa internazionale nel campo. E’ da segnalare che chi visita oggi il campo [abbandonato dagli israeliani nel 2000 a seguito della liberazione da parte della resistenza del sud del Libano, NdR] vede soltanto ciò che ne è rimasto, principalmente dall’ultima fase, e comunque lo descrive come il campo del terrore, della miseria disumana, delle torture bestiali. Figuratevi cos’era nelle fasi precedenti!!!!

A proposito di chi lo gestiva?
Il campo di EL khiam nella reatà era gestito da Israele, con i generali dei suoi servizi segreti (come Yaghi, Alberto, ed altri), che erano direttamente responsabili delle torture e delle prime fasi degli interrogatori. Ma per tutto il mondo, almeno apparentemente, era gestito soltanto dai suoi alleati, cioé dall’esercito del sud del Libano, al comando del generale Antoine Lahed.
Di fatto Israele non gestiva direttamente soltanto il campo di El khiam, ma possiamo dire che l’intero esercito del sud del Libano era sotto il suo controllo.

Quando e perché sei stato arrestato, a quale organizzazione appartenevi?
Sono stato catturato il 17 settembre 1985, durante una operazione partigiana della resistenza libanese sui colli del monte di Gabal el Sheik, dove e’ caduto il mio compagno, Hassan Mussa, ed io sono stato ferito gravemente.
Ero, lo sono tutt’ora, e spero sarò per sempre comunista, un militante del partito comunista libanese.

Puoi farci un breve excursus sulla resistenza libanese/palestinese contro l’occupazione sionista?
Dall’alba di ogni occupazione, a causa della sua stessa esistenza, della sua tirannia, della sua schiavitù, della presenza militare che impone sulla terra di altri contro la volontà del legittimo popolo, è normalissimo nasca una Resitenza.
All’inizio degli anni settanta, con l’arrivo della resistenza palestinese, i Fidaiin, provenienti dalla Giordania dopo i massacri del settembre nero fatti dal regime fascista del re giordano Hussein, è cresciuta la forza materiale della resistenza patriottica libanese palestinese. E’ così cominciata, a partire dal sud del Libano (minacciato ogni giorno dalle bombe lanciate dagli aerei israeliani) la lotta militare contro la forza occupante israeliana. Per noi la causa palestinese è stata una cosa sola con la nostra causa.
Il partito comunista libanese ha avuto un ruolo centrale: ha infatti fondato la Guardia Popolare che è stata fondamentale nella resistenza contro i continui attacchi israeliani, aiutando il nostro popolo a resistere e a rimanere nella sua terra e nei suoi villaggi. Abbiamo perso tanti compagni, martiri e feriti, durante questi scontri eroici contro l’invasore, fin dall’inizio del 1982, in primavera, durante l’invasione israeliana del Libano con l’operazione chiamata pace in Galilea!
Abbiamo resistito, nel sud, nel monte del Libano, e soprattutto a Beirut, la prima capitale araba occupata dagli israeliani dopo Gerusalemme: una resistenza storica contro un esercito super armato, che avanzava da terra, dal mare e dal cielo.
E non possiamo dimenticare l’assedio di Beirut, 80 giorni senza acqua luce, carburanti; le bombe al fosforo, pesanti, da tutte le parti. Eravamo soli, le spalle contro il mare.
L’assedio è finito con l’accordo (la trappola) di far uscire le forze della resistenza palestinese da Beirut, assicurando la protezione internazionale dei civili palestinesi e libanesi rimasti nei campi e a Beirut ovest circondata. E dopo, con la scusa dell’uccisione del presidente falangista neo eletto, Bachir Gemayel, alleato con Israele, l’esercito sionista e suoi alleati (i fascisti libanesi) hanno invaso Beirut ovest, il 15-16 settembre 1982, e hanno commesso i crimini più neri nella storia dell’umanità, e soprattutto i massacri di Sabra e Chatila.
I comunisti libanesi non hanno aspettato molto, e hanno accolto subito l’appello alla resistenza patriottica popolare libanese lanciato dal segretario del partito assediato e rivolto a tutti i partiti e a tutto il popolo libanese.
E all’alba del 16 settembre stesso c’è stata la prima operazione dei compagni contro l’esercito invasore sionista.
Il 16 settembre è il giorno della nascita di questa resistenza che ha illuminato il buio assoluto di quell’epoca di sconfitte nella nostra storia moderna.
E così i compagni hanno continuato, un’operazione dopo l’altra, sacrificando tutto per cacciare via l’esercito sionista occupante. Questo dopo qualche giorno se ne è scappato gridando con gli altoparlanti: “Popolo di Beirut non sparate, stiamo andando via!”.
Era la prima sconfitta vera dell’esercito israeliano: il ritiro da Beirut. La prima vittoria della resistenza. Per questo affermiamo che il ritiro avvenuto recentemente, nel maggio 2000, non è stata realmente la prima sconfitta dell’esercito sionista, come molti invece vogliono far credere.
La seconda sconfitta, poi, e’ stata il ritiro dal monte del Libano, nel 1983; ed è stata una delle battaglie più importante degli ultimi anni, perché abbiamo combattuto non solo contro l’esercito sionista ed i suoi alleati fascisti libanesi (*), ma anche contro l’esercito libanese stesso, e le forze della NATO tutte. La Nato, infatti, era presente con le suoe navi militari e portaaerei giganti davanti alle coste libanesi. I suoi aerei bombardavano ogni giorno i nostri villaggi, e la New Gersey ha lanciato anche missili che pesavano delle tonnellate.
E voglio sottolineare che la nostra resistenza non era soltanto militare ma anche politica, perché abbiamo rifiutato tanti accordi vigliacchi, delle vere e proprie trappole maligne, utili solo a dividere il paese ed alimentare la guerra civile interna su base religiosa.
Da citare, come esempio, il famoso accordo del 17 maggio tra Israele e l’autorità libanese, con la benedizione dell’imperialismo mondiale.
La terza sconfitta, è stato il ritiro dalla Bekaa e da gran parte del sud: da Sidone, Tiro, Nabatyeh…etc. Questo è stato possibile per la solida unione tra tutte le forze nazionaliste e di sinistra, di tutti i partiti e di tutte le organizzazioni che hanno lottato in questa resistenza. Ed il partito comunista libanese ha avuto un ruolo centrale, con circa 5000 compagni comunisti che hanno partecipato a più di 1200 operazioni di qualità nelle quali abbiamo perso tanti compagni, martiri, feriti, ed arrestati.
Voglio qui ricordare che abbiamo ancora in prigione, dal 1987, il nostro compagno Anwar Yassin (**), ed approfitto per lanciare un appello a tutte le associazioni europee e mondiali che potrebbero aiutare a liberarlo, il più presto possibile, assieme a tutti i suoi compagni detenuti, (come Samir Kuntar dal 1978, ed altri) nelle carceri fasciste israeliane.
Da non dimenticare anche il fatto che abbiamo ancora 31 compagni caduti, martiri del partito comunista libanese, le cui salme sono trattenute da diversi anni dall’esercito sionista.
Israele ha paura sempre del comunista libanese, vivo o morto che sia…!

Dopo la terza vittoria, come dicevo, è rimasta soltanto una piccola fetta di terra, chiamata dai sionisti “striscia di sicurezza”, controllata da loro direttamente con l’aiuto dei loro cani alleati, i libanesi dell’esercito del generale Antoine Lahed.

Quali sono stati e quali sono i rapporti con la resistenza islamica?
La resistenza islamica non è nata dal nulla, ma si è data come continuità della lotta popolare iniziata da noi comunisti con la resistenza patriottica libanese.
Noi siamo con qualunque persona che combatta l’occupazione, qualunque sia il colore della sua bandiera, malgrado le nostre divergenze ideologiche e politiche e la nostra visione sulla causa, sulla lotta, sugli obiettivi finali, i suoi metodi, ed i suoi elementi e mezzi.
A questo proposito voglio rivoltere un saluto calorosissimo, grandioso, a tutti i caduti del nostro popolo, i martiri della resistenza e a tutti quelli che hanno combattuto l’occupazione.

La sinistra europea ha molto sottovalutato il ritiro dell’invasore sionista dal sud del Libano, avvenuto nel maggio 2000, per la forte presenza islamica nella resistenza: cosa ne pensi?
La sinistra europea non ha sottovalutato solo l’importanza del ritiro dal sud del Libano soltanto a causa della presenza della resistenza islamica, ma il suo ruolo era e continua ad essere debole ed insignificante, sottovalutando l’importanza di questa lotta, di questa causa e di questa resistenza giusta contro l’occupazione fascista sionista militare criminale sia in libano che in Palestina.
Non abbiamo ricevuto un aiuto significativo dalla sinistra europea, né dai suoi partiti, se non attraverso delle iniziative personali dei compagni.
Ma noi comunisti crediamo che la lotta contro il sionismo sia una lotta soprattutto ideologica, a prescindere dal luogo e dal tempo, e non soltanto in Palestina e o nel mondo arabo.
Il sionismo è una forma bestiale di fascismo, che rappresenta la punta dell’imperialismo mondiale. E la situazione attuale è una chiara dimostrazione dell’assenza di questa sinistra e del suo ruolo.
Inoltre vorrei aggiungere che ci sono tante altre cose e tante altre date altrettanto importanti di cui la sinistra europea potrà interessarsi ed occuparsi.

Puoi descrivere l’attuale situazione in Libano/Palestina?
Brevemente: in Libano siamo minacciati ogni giorno ed ogni ora dai sionisti. In Palestina, l’Intifada eroica del nostro popolo palestinese continua da sola, malgrado le pessime condizioni, contro questo complotto e contro questa alleanza criminale dell’imperialismo mondiale con il sionismo, sostenuta dalla partecipazione dei suoi cani fedeli, i regimi fascisti arabi .
L’intifada palestinese lotta e resiste contro tutti questi attacchi e tutte queste guerre, studiate ed indirizzate contro le classi povere arabe, non solo in Palestina ma anche in tutta la regione: in Libano, in Iraq ed in tutto il mondo.
E’ molto importante sostenere l’Intifada con tutti i mezzi possibili, altrimenti tutta la regione sarà divorata dalla ferocia dell’imperialismo criminale e dai suoi progetti distruttivi.
Noi stiamo morendo di una morte lenta, e tutto il mondo è muto, muto, muto.” (3)

Questa sensazione di assoluta solitudine rappresenta sicuramente ottimamente la realtà di una nazione abbandonata alle mira strategiche israeliane e ai war-games statunitensi dalla pavidità dei regimi moderati arabi e dal resto del mondo incapaci, ogni qualvolta ha lanciato i suoi attacchi contro il paese dei cedri, di repliche ‘conformi’. Tali repliche sono esclusiva di Hizb’Allah la sola macchina da guerra efficaciemente puntata contro l’emporio criminale sionista e l’unica organizzazione di resistenza nazionale che oltre a difendere i confini meridionali del paese ha saputo conquistarsi il placito consenso di tutto il mondo arabo-islamico e la solidarietà internazionale degli uomini liberi per aver risposto colpo su colpo, replicando e restituendo ‘pan per focaccia’ – ovvero katiushe e droni, missili khaibar e esplosivi – alla furia cieca scatenata da ‘tsahal’ contro il Libano.

 

La caratteristica principale del Partito di Dio quale organizzazione combattentistica di resistenza è, oggi come alle origini, quella di essere – parafrasando la Guida Suprema della Rivoluzione Islamica iraniana Grande Ayatollah Sayyed Alì Khamine’ì – “la punta di una freccia puntata al cuore dell’imperialismo e del sionismo internazionali.”.

Andremo ad analizzare compiutamente, in un viaggio “dall’interno”, la realtà della Resistenza Islamica libanese non dimenticando di ricordare comunque che Hizb’Allah è una struttura multiforme e polifunzionale che ha al suo interno organizzazioni di soccorso, ospedali e strutture sanitarie, organizzazioni per la ricostruzione e per l’edilizia attivatesi durante e dopo le aggressioni israeliane per rimettere a nuovo intere aree soggette a bombardamenti e rase letteralmente al suolo dall’odio sionista.

 

E’ attraverso queste strutture, alle scuole coraniche e agli istituti religiosi, alla costruzione di moschee e luoghi di culto ma anche di biblioteche e centri culturali così come di centri sportivi e sociali che il Partito di Dio fin dall’epoca del suo primo Segretario , il martire Sayyed Abbas Moussawi assassinato brutalmente dall’aviazione sionista con la moglie ed il figlioletto e gli uomini della scorta nel febbraio 1992, si è contraddistinta per uno spirito cooperativo che ha raccolto i consensi in tutto il sud del paese, nella valle della Beka’a e nelle banlieus meridionali della capitale Beirut a maggioranza sciite.

Intere strutture ospedaliere, scolastiche e culturali sono direttamente gestite dagli uomini del Partito di Dio il quale svolge così un’importantissima funzione di sopperire all’incapacità ed ai ritardi cronici dell’amministrazione statale che si è sempre dimostrata disinteressata ed inefficace rispetto alle problematiche d’ordine sociale in particolar modo per ciò che riguardava le aree a maggioranza sciita.

Oltre a queste iniziative sociali Hizb’Allah è, come tutti oramai sanno, un partito politico che occupa da tempo con una sua rappresentanza parlamentare la scena politica libanese. Nelle elezioni legislative del 2005 Hizb’Allah conquistò 14 seggi all’Assemblea Nazionale su un totale di 128 andando a creare quel Blocco parlamentare della resistenza assieme ad ‘Amal che sarà determinante per la politica nazionale. Successo bissato lo scorso giugno quando i due partiti sciiti hanno ottenuto un totale di 26 seggi (12 Hzb e 14 ‘Amal).

In merito alle scorse elezioni legislative ha commentato Lorenzo Trombetta, corrispondente Ansa da Beirut ‘apprezzato’ ai tempi in cui lavorava per l’Adn-Kronos:

“Il verdetto elettorale in senso stretto rischia invece di offrire un’immagine fuorviante del prossimo futuro: la vittoria della coalizione capeggiata dal partito sunnita della famiglia Hariri e sostenuta dagli Usa e dall’Arabia Saudita (71 seggi) sul blocco guidato dal movimento sciita filo-iraniano Hezbollah e che comprende anche il partito del maronita Michel Aoun (57 seggi) non deve far pensare a una netta prevalenza dei primi sui secondi.

Già nel 2005, in un contesto politico per certi aspetti diverso (c’era stato l’accordo quadripartito tra Hezbollah, Hariri, cristiani anti-Aoun, drusi filoccidentali), in Parlamento si insediò una maggioranza (72 seggi) fino ad oggi definita “antisiriana”, che si opponeva non solo all’influenza politica di Damasco, ma anche ai disegni regionali di Teheran. Nonostante quella maggioranza, la cronaca di questi ultimi quattro anni ha dimostrato in modo fin troppo evidente che gli equilibri parlamentari non necessariamente sono lo specchio dei rapporti di forza sul terreno e di quelli nella regione.

Così Hezbollah, pur riconoscendo la “vittoria” degli avversari (né il suo leader Nasrallah né altri rappresentanti del partito hanno pronunciato la parola “sconfitta”), ha immediatamente spostato l’accento sul “plebiscito” di voti che si è avuto per la “resistenza” (espressione che indica il Partito in ogni sua forma, specialmente quella militare) nel sud e nella parte settentrionale della valle della Beqaa (distretti di Baalbeck e Hirmil). E non è pura propaganda: assieme al paravento Amal (formazione che da anni esiste solo in funzione di Hezbollah, per dare l’immagine di una comunità sciita “plurale”), il Partito di Dio controlla dal punto di vista politico, sociale e militare ampi territori chiave del Libano, compresi il confine con Israele e quello con la Siria. Oggi, nel nuovo Parlamento, detengono in tutto 26 seggi (Amal 14, Hezbollah 12). ” (4)

 

Qualcosa di ‘vero’ almeno nell’analisi di Trombetta c’è: come risulta dalla realtà ‘fattuale’ i rapporti di forza sul terreno e quelli regionali vedono un netto dominio del Partito di Dio il quale non ha, sia detto per inciso, necessariamente bisogno di ‘rappresentatività’ parlamentare per ‘esistere’ e soprattutto resistere perchè, come andiamo ripetendo da sempre oramai, Hizb’Allah al di là della partecipazione all’esecutivo nazionale o alle rappresentanze parlamentari è fondamentalmente un movimento di resistenza, nato originariamente per opporsi all’occupazione sionista e che – nell’arco della sua storia recente – non ha affatto modificato le sue caratteristiche adattandosi, casomai, alla situazione politica ed alle contingenze che l’hanno portato dapprima ad avere un suo blocco parlamentare e successivamente (a partire dall’estate 2005) a partecipare come forza di governo alla vita politica nazionale.

Hizb’Allah è la Resistenza Nazionale del Libano la quale si autolegittima semplicemente da sè anche in considerazione dell’assoluta mancanza di alternative valide, cooperando pienamente con le forze armate libanesi alle quali non ha mai fatto mancare il proprio sostegno e la propria solidarietà come dimostrato anche in occasione degli aspri scontri che per quasi quattro mesi videro, nell’estate 2007, i soldati di Beirut contrapporsi all’organizzazione terroristica salafita di Fatah al Islam.

La sinergia, la solidarietà d’armi, la collaborazione sul campo fra Forze Armate e Resistenza è testimoniata oltretutto dalla puntuale, cristallina e netta solidarietà sempre ribadita dai massimi rappresentanti dell’esercito e sigillata dalle innumerevoli dimostrazioni e dagli attestati di solidale ringraziamento rivolti dal capo dello Stato, oggi Gen. Michel Souleiman ieri il suo predecessore Gen. Emile Lahoud, espressioni più genuine dei vertici delle forze armate verso Hizb’Allah e i suoi uomini schierati nel sud del paese a guardia del territorio nazionale.

Per capire la profondità delle relazioni esistenti fra Resistenza e Forze Armate libanesi occorre riportare alla memoria qualche passaggio del discorso con il quale il Segretario Generale del Partito di Dio, Sayyed Hassan Nasrallah, ‘benedisse’ la Vittoria Divina conseguita dal paese nell’estate 2006, vittoria di un intero popolo per trentatre giorni cannoneggiato dal mare, dal cielo e da terra dai sionisti e vittoria della volontà di tutti coloro i quali in armi si opposero all’aggressione israeliana ed al tentativo di penetrazione territoriale maldestramente portato avanti dall’allora Stato Maggiore sionista e dall’esecutivo criminale presieduto da Ehud Olmert, grazie alla fermezza ed al valore, all’eroismo ed al martirio di quanti caddero per difendere le frontiere ed il territorio occupati.

In quell’occasione, testimone diretto chi scrive, il Capo di Hizb’Allah si rivolse ad una folla di sostenitori della Resistenza raccoltasi nella piazza Hadath al centro dei quartieri a maggioranza sciiti della periferia meridionale della capitale per analizzare il conflitto definendone i contorni e le caratteristiche e descrivendolo come “una schiacciante vittoria, storica e strategica per il Libano”, avvertendo “Israele” e Stati Uniti che il loro obiettivo di “schiacciare Hizb’Allah” fosse stato respinto e fallito miseramente e dichiarando che “la guerra americana è stata respinta su tutta la linea”; verità fattuale indiscutibile che – dopo lo smacco della liberazione del sud nella primavera 2000 – dimostrerà al mondo intero quale fosse l’alto grado di preparazione, l’addestramento, le tecniche di combattimento e guerriglia, le tecnologie militari messe in atto dalla Resistenza contro un nemico fino a dieci anni prima considerato invincibile dall’intero mondo arabo e contro un’esercito che tale si riteneva.

Alla televisione di Stato sionista immediatamente dopo la cacciata dal Libano meridionale e la liberazione (celebrata annualmente da Hizb’Allah e dallo Stato Maggiore della Difesa libanesi con un meeting normalmente svoltosi a Bint ‘Chbeil nell’estremo sud, ai confini con la Palestina occupata) del maggio 2000 apparvero immagini di testimonianze rilasciate da soldati ed ufficiali dell’esercito d’occupazione israeliano i quali, senza giri di parole, ammisero la cocente sconfitta subita sostenendo che “qualcosa negli ultimi vent’anni fosse cambiato nella mentalità dei libanesi”. “Un tempo – ammise ‘candidamente’ un soldato kippizzato a dovere di una delle unità speciali dell’esercito di Tel Aviv, la Brigata d’assalto Golani – entravamo in Libano come il coltello nel burro, quasi senza colpo sparare. I libanesi erano terrorizzati! Oggi non hanno paura di affrontarci, di affrontare la morte: sono pronti al martirio!”

Questo accadeva e questo dichiaravano politici e militari all’indomani del cosiddetto ritiro unilaterale sionista voluto dall’allora premier israeliano Ehud Barak nel 2000; i commenti all’indomani della sconfitta subita nell’estate 2006 furono molto più drastici e posero non solo l’esecutivo Olmert sulla graticola del fuoco incrociato delle opposizioni ma, sostanzialmente, l’intera opinione pubblica del regime d’occupazione sionista a doversi confrontare con una novità assoluta ovvero che un domani “Israele” potesse essere invaso dal nord. Per i sionisti la guerra d’aggressione – da essi scatenata con boria e arroganza, utilizzando tutta la loro forza militare e tutta la loro tecnologia all’avanguardia e con il sostegno smaccato degli Stati Uniti e della comunità internazionale – sarà una waterloo, una mazzata psicologica prim’ancora che militare, che andrà a colpire l’immaginario collettivo sionista e dimostrerà soprattutto che Hizb’Allah oltre a resistere e difendere i propri confini avesse raggiunto una capacità militare tale da rappresentare una minaccia reale alla stessa sicurezza nazionale israeliana.

Minaccia legittima che i sionisti devono sempre tenere ben a mente considerando i reiterati, quotidiani, ‘strali’ e le dichiarazioni di guerra provenienti dall’emporio criminale sionista da tre anni pronto a riaprire il secondo round contro il Libano e la sua Resistenza.

Hizb’Allah non attaccherà per primo come hanno sempre sostenuto e affermato i suoi dirigenti e rappresentanti ma saprà rispondere colpo su colpo a qualunque tentativo sionista di aggressione. All’epoca del discorso trionfale pronunciato da Nasrallah in occasione della celebrazione della Vittoria Divina del 2006 il capo di Hizb’Allah definì chiaramente quali fossero le condizioni vere per una soluzione politica relative al disarmo della Resistenza: il ritiro israeliano dalle fattoria di She’eba occupate (e da Kfar Shouba e Ghajar altri due villaggi del Libano meridionale a tutt’oggi sotto occupazione sionista), la liberazione di tutti i detenuti libanesi dalle carceri israeliane, la fine della minaccia sionista contro il territorio libanese.

Analizzando la vittoria e parlando dal vivo ad una piazza stracolma di simpatizzanti festanti – e sotto l’occhio vigile dei satelliti israeliani – Nasrallah esordì in quell’occasione sostenendo che “Questa vittoria sia una benedezione per tutto il paese. E’ un evento straordinario come diverse migliaia di resistenti libanesi siano riusciti per 33 giorni ad affrontare il più grande esercito del Medio Oriente, la più potente delle forze d’aviazione, navale e terrestre. Abbiamo vinto trasformando i soldati israeliani in topi impauriti! La resistenza libanese deve essere presa come un esempio nel mondo!” e – analizzando il conflitto – ha proseguito dichiarando che “E’ stata una guerra voluta e decisa dagli americani. Oggi Israele guarda con rispetto e stima la resistenza libanese. La Rice ha dichiarato che il “Grande Medio Oriente” è in gestazione: ebbene la resistenza ha fatto abortire questo parto perchè questo era un figlio illegittimo!”.

“Dobbiamo entrare ora in quella fase in cui – ha infine proseguito Nasrallah – siamo noi a dettare le condizioni al nemico. (…) Non manterremo le armi all’infinito ma abbiamo scoperto che nessun esercito al mondo può toglierci di mano le nostre armi. Ed è perdente la scommessa di chi vuole metterci contro l’esercito libanese. Il Libano grazie a voi è diventato una grande potenza: le nostre armi non sono sciite, non sono dirette contro l’interno! Sono armi libanesi! Armi che ambiscono a difendere la sovranità della patria!”

E che si sia trattato di un conflitto ad altissima intensità, sorta di guerra totale scatenata dall’esecutivo sionista con il chiaro intento di distruggere alla radice o “sradicare” – secondo la terminologia allora utilizzata dagli stessi dirigenti sionisti – le basi di Hizb’Allah, viene confermato da tutte le analisi ‘prodotte’ dai diversi centri studi strategici militari e dagli analisti di politica internazionale che hanno confermato – con dovizia di particolari e rilievi significativi che hanno interessato anche le tecnologie usate da sionisti e Hizb’Allah nel corso degli scontri – la netta debacle israeliana dinanzi alla Resistenza Islamica Libanese.

Ha scritto in proposito Brian Harring: “Durante la campagna l’Aeronautica Israeliana [IAF, Israel’s Air Force, ndt] ha fatto volare più di 12.000 missioni di combattimento, la loro marina militare ha lanciato 2.500 munizioni, ed il loro esercito ha sparato oltre 100.000 proiettili. Ampie parti delle infrastrutture civili libanesi sono state distrutte, comprese 400 miglia di strade, 73 ponti, e 31 altri obiettivi come l’Aeroporto Internazionale di Beirut, porti, impianti per il trattamento delle acque e dei liquami, impianti elettrici, 25 impianti per il rifornimento di carburante, 900 strutture commerciali, fino a 350 scuole e due ospedali, e 15.000 abitazioni. Circa 130.000 altre abitazioni sono state danneggiate. (…)

Il 26 luglio 2006 le forze armate israeliane hanno attaccato e distrutto una postazione di osservatori dell’ONU. Descritto da Israele come un attacco non intenzionale, la postazione è stata presa a cannonate per ore prima di essere bombardata. Le truppe dell’ONU hanno effettuato ripetute chiamate per avvisare le truppe israeliane del pericolo che correvano gli osservatori dell’ONU, che sono rimasti uccisi tutti e quattro. I soccorritori sono stati presi di mira dall’artiglieria mentre tentavano di raggiungere la postazione. Secondo un’e-mail inviata in precedenza da uno degli osservatori dell’ONU rimasti uccisi nell’attacco, c’erano state numerose occasioni su base giornaliera in cui la postazione era finita sotto il fuoco sia dell’artiglieria che dei bombardamenti israeliani. L’osservatore dell’ONU, da quello che si dice, ha scritto che nel precedente bombardamento israeliano nei pressi della postazione non erano stati un obiettivo intenzionale, ma dovuto piuttosto ad una “necessità tattica”, un gergo militare che, come il Maggior Generale canadese a riposo http://en.wikipedia.org/wiki/Lewis_MacKenzieLewis MacKenzie ha interpretato più tardi, stava ad indicare che gli attacchi israeliani miravano ad obiettivi di Hezbollah, nelle estreme vicinanze della postazione.

Il 27 luglio 2006 Hezbollah ha teso un agguato alle truppe israeliane a Bint Jbeil, uccidendo diciotto soldati. Gli Israeliani hanno sostenuto, dopo questo avvenimento, di avere anch’essi inflitto pesanti perdite ad Hezbollah.

Il 28 luglio 2006 i paracadutisti israeliani hanno ucciso 5 membri dell’élite del commando di Hezbollah a Bint Jbeil. In totale, l’IDF ha sostenuto che negli scontri di Bint Jbeil sarebbero stati uccisi 80 combattenti. Fonti di Hezbollah, in relazione con personaggi della Croce Rossa Internazionale, calcolano che le perdite totali di Hezbollah ammontano a 7, ed che i morti tra i civili libanesi non combattenti siano stati 129.

Il 30 luglio 2006 un bombardamento aereo israeliano ha colpito un edificio residenziale a Qana, uccidendo almeno 65 civili, 28 dei quali erano bambini, con altri 25 dispersi. L’incursione aerea è stata ampiamente condannata.

Il 31 luglio 2006 l’esercito israeliano e le truppe di Hezbollah hanno impegnato Hezbollah nella Battaglia di Ayta ash-Shab .

Il 1 agosto 2006 i commando israeliani hanno dato il via all’Operazione Sharp and Smooth [affilato e spianato, ndt] e sono atterrati a Baalbek, catturando cinque civili compreso un omonimo del capo di Hezbollah, “Hassan Nasrallah”. Tutti i civili sono stati liberati dopo il cessate il fuoco. Le truppe sono atterrate nelle vicinanze dell’ospedale di Dar al-Himkeh, nella zona occidentale di Baalbeck, come parte di un’operazione su vasta scala nella regione.

Il 4 agosto 2006 l’IAF ha attaccato un edificio nella zona di al-Qaa, a circa 10 chilometri (sei miglia) da Hermel, nella Valle di Bekaa, in Libano. Sessantadue operai agricoli, per lo più Curdi siriani e libanesi, sono rimasti uccisi durante il bombardamento aereo.

Il 5 agosto 2006 i commando israeliani hanno effettuato un raid notturno a Tiro, facendo esplodere un impianto per il trattamento delle acque, una piccola clinica ed uccidendo 187 civili prima di ritirarsi.

Il 7 agosto 2006 l’IAF ha attaccato il sobborgo di Shiyyah nella capitale libanese di Beirut , distruggendovi tre edifici residenziali, uccidendo almeno 120 persone.

L’11 agosto 2006 l’IAF ha attaccato un convoglio di circa 750 veicoli, che comprendeva polizia libanese, esercito, civili, ed un giornalista della Associated Press, uccidendo almeno 40 persone e ferendone almeno 39.

Il 12 agosto 2006 l’IDF ha stabilito la sua autorità nel Libano meridionale. Durante il fine settimana le forze armate israeliane nel Libano meridionale sono quasi triplicate di numero, ed è stato loro ordinato di avanzare verso il fiume Litani.

Il 14 agosto 2006 l’aeronautica israeliana ha riferito di aver ucciso il capo delle Forze Speciali di Hezbollah, che hanno identificato come Sajed Dewayer, ma questa affermazione non è mai stata dimostrata. 80 minuti prima della fine delle ostilità, l’IDF ha bersagliato un gruppo di Palestinesi nel campo di profughi di Ain al-Hilweh a Sidone, uccidendo un membro dello staff dell’UNRWA [United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East, Agenzia delle Nazioni Unite per i Profughi Palestinesi in Medio Oriente, ndt]. Sessantadue profughi erano stati uccisi durante un attacco a questo campo sei giorni prima di questo episodio.
Durante la campagna Hezbollah ha lanciato dai 3.970 ai 4.228 razzi. Circa il 95% di questi erano razzi Katyuscia da 122 mm (4.8 in), che avevano testate che arrivavano fino a 30 kg (66 lb) ed una gittata fino a 30 km (19 mi). Si stima che il 23% di questi razzi abbia colpito aree urbane, a dire il vero soprattutto civili.
Tra le città colpite ci sono Haifa, Hadera, Nazareth, Tiberiade, Nahariya, Safed, Afula, Kiryat Shmona, Beit She’an, Karmiel, and Maalot, e dozzine di Kibbutz, di Moshav, e di villaggi drusi ed arabi, come pure la parte settentrionale della West Bank [riva occidentale del Giordano, ndt].

Hezbollah ha anche ingaggiato una guerriglia con l’IDF, attaccando da posizioni ben fortificate. Questi attacchi dap arte di unità piccolo e bene armate hanno causato seri problemi all’IDF, specialmente perché sono stati impiegate centinaia di sofisticati missili guidati anticarro (ATGM) di fabbricazione russa. Hezbollah ha distrutto 38 carri armati principali Merkava e ne ha danneggiati 82.

Quindici carri armati sono stati distrutti dalle mine anticarro. Hezbollah ha causato altre 65 vittime con l’uso degli ATGM per far crollare gli edifici sulle truppe israeliane che vi si erano rifugiate.
Dopo la reazione iniziale di Israele, Hezbollah ha proclamato un’allerta militare assoluta. Secondo le stime, Hezbollah possedeva 13.000 missili all’inizio del conflitto. Il quotidiano israeliano Haaretz ha descritto Hezbollah come una fanteria addestrata, specializzata, ben organizzata, ed estremamente motivata che era equipaggiata con il fior fiore dei moderni armamenti provenienti dagli arsenali di Siria, Iran, Russia, e Cina.

La rete televisiva satellitare libanese Al-Manar ha riferito che negli attacchi sono stati utilizzati un Fajr-3 e un Ra’ad 1 , missili a combustibile liquido sviluppati dall’Iran. (…) L’Osservatorio per i Diritti Umani ha criticato fortemente Israele per l’impiego di bombe a grappolo troppo vicino ai civili, a causa della loro scarsa precisione ed inaffidabilità, insinuando che possano essersi spinti fino a bersagliare deliberatamente aree civili con tali munizioni. Anche Hezbollah è stata criticata dall’Osservatorio per i Diritti Umani per aver riempito i suoi razzi di cuscinetti a sfere, cosa che “rivela un desiderio di aumentare al massimo le lesioni per i civili”; l’ONU ha criticato Israele per l’uso di munizioni a grappolo e per gli attacchi sproporzionati.

Amnesty International ha dichiarato che l’IDF ha usato munizioni al b> fosforo bianco I dati che riguardano le perdite di Hezbollah sono difficili da accertare, con le denunce e le stime da parte di diversi gruppi e dei singoli, ed oscillano da 43 a 1.000. Il comando di Hezbollah sostiene che 43 dei loro combattenti sono rimasti uccisi nel conflitto, mentre Israele ha calcolato che le loro truppe hanno ucciso 600 combattenti di Hezbollah. Oltre a ciò, Israele ha affermato di avere i nomi di 532 combattenti di Hezbollah deceduti, ma quando Hezbollah li ha sfidati a diffondere la lista, gli Israeliani hanno lasciato cadere la questione. Un funzionario dell’ONU ha stimato che sono stati uccisi 50 combattenti di Hezbollah, ed i funzionari del governo libanese hanno calcolato che ne sono stati uccisi fino a 49. L’insieme dei dati pubblicati non fa distinzioni tra civili e militanti, compresi quelli diffusi dal governo libanese. Inoltre, i combattenti di Hezbollah possono essere difficili da identificare, dato che molti non indossano uniformi militari.

Tuttavia, è stato ampiamente riferito che la maggior parte dei Libanesi uccisi erano civili, e l’UNICEF ha stimato che il 30% di questi erano bambini sotto i 13 anni.

Il numero di vittime stimate non include i Libanesi uccisi dalla fine del combattimento dalle mine di terra o dalle bombe a grappolo statunitensi/israeliane inesplose. Secondo il National Demining Office [Ufficio Nazionale per lo Sminamento, ndt], 297 persone sono rimaste uccise e 867 ferite da tali esplosioni.

I dati ufficiali israeliani che riguardano le truppe dell’IDF uccise oscillano da 116 a 120. Il Ministro degli Esteri israeliano dà due diverse cifre – 117 e 119 – la seconda delle quali comprende due vittime dell’IDF avvenute dopo che il cessate il fuoco è divenuto effettivo.

Nel settembre 2006, due quotidiani locali israeliani hanno diffuse informazioni riservate assicurando che il numero di vittime militari israeliane può essere salito fino a circa 540 soldati. Israele rifiuta l’accesso alle sue liste di morti e feriti ad ogni agenzia esterna, ma un esame di tutte le informazioni precise disponibili al 1 gennaio 2007 indica che l’IDF hanno perso un totale di 2.300 morti, 600 dei quali sono deceduti in strutture ospedaliere militari successivamente alla conclusione del combattimento, ed altri 700 sono stati feriti molto gravemente.

I razzi di Hezbollah hanno ucciso 43 civili israeliani durante il conflitto, inclusi quattro che sono deceduti per infarto durante gli attacchi missilistici. Oltre a ciò, 4.262 civili sono stati feriti – di cui 33 gravemente, 68 moderatamente, 1.388 leggermente, e 2.773 sono stati curati per shock ed ansia.”  (5)
 

L’aggressione sionista al Libano dell’estate 2006 per chi c’era e l’ha vissuta ha rappresentato autenticamente un quotidiano calvario, martirio per la popolazione civile libanese cannoneggiata e bombardata ovunque, un’epopea per chi l’ha combattuta come epica sarà la tenuta razziale dei soldati politici della Resistenza che riusciranno a mantenere sotto pressione l’arroganza israeliana e annichilire il mondo intero (giudeo e giudaizzante) che di quell’aggressione fu complice, passivo spettatore e sostenitore a cominciare dai vaniloqui diplomatico-politici delle ‘ambascerie’ di tutta l’Europa (mai continente si dimostrerà inutilmente e larvalmente inerme dinanzi ad una tragedia che si svolgeva a pochi chilometri dalle proprie coste …del resto il Vecchio Continente rimarràò spettatore immobile anche durante la guerra fratricida della ex Yugoslavia e parteciperà, quale base operativa d’aggressione, ai crimini statunitensi commessi nel 1999 dall’aviazione statunitense contro la Serbia di Milosevic…cosa attendersi dunque da una diplomazia che, al di là di qualche ‘ciancia’ e patetiche ammissioni di immobilità politica e militare, rappresenta più che bene un mondo alla finestra rispetto al rimescolamento dei rapporti di forza internazionali?) , di quelli altrettanto ipocriti dei paesi della Lega Araba e da quelli peraltro ‘legittimamente’ interessati dell’amministrazione Bush che di quel conflitto sarà sponsor e ‘tutor’, armando, finanziando e sostenendo in tutti i modi l’alleato sionista.

Epica ed epocale come sarà la vittoria conseguita dalla Resistenza Libanese. Una vittoria che smentendo tutti i pronostici assegnerà ad Hizb’Allah un ruolo geopolitico e strategico di forza regionale realmente operativa e pienamente inserita nel quadro vicino-orientale delle alleanze inserendo il Partito di Dio sciita libanese al lato della politica di resistenza di quelle nazioni e movimenti nazionali arabo-islamici da anni rappresentanti del cosiddetto “fronte del rifiuto” al Sionismo e alle politiche imperialistiche statunitensi: l’Iran, la Siria, Hamas e i partiti della resistenza palestinese che – dal conflitto israelo-libanese del 2006 – faranno ‘apprendistato’ per la successiva aggressione scatenata un anno or sono, nel dicembre scorso, dal regime d’occupazione sionista contro la striscia di Gaza.

Epica ed epocale la mitofanica apparizione di un partito combattente, avanguardia rivoluzionaria e organizzazione militare di resistenza, puntata ‘metallicamente’ contro il nemico dell’uomo e rappresentazione ‘plastico-scultorea’ perfetta di una ‘forma’, di uno ‘stile’, che ha contraddistinto in ogni epoca le realtà metapolitiche ‘ordinate’ da un’influsso spirituale superiore, caratteristica di derivazione tradizionale che, riprendendo la dottrina del martirio propria della scuola shi’ita dell’Ahl ul Bayt e dell’esempio dell’Asciurà shi’ita duodecimana, ha uniformato, inquadrato e graniticamente ‘scolpito’ un movimento di veri e propri Signori della Guerra.

Hizb’Allah è il partito della resistenza!

 

 

Il partito-militante, multifunzionale: da squadra d’azione a organizzazione caritatevole, da milizia armata a formazione di combattimento, da istituzione politica e forza di governo, esso rappresenta lo spirito di Karbala nella più alta definizione e nella più ampia accezione del termine ovvero lo spirito di sacrificio e la volontà di resistenza che la dottrina rivoluzionaria khomeinista procedente dall’Iran islamico ha saputo generare dapprima quale corpo militare nella Valle della Beka’a – dove Hzb nasce e si costituisce nel 1982 sotto l’occhio fraterno dei volontari pasdaran inviati dalla Repubblica Islamica – e successivamente quale organizzazione di massa, partito politico e movimento di resistenza nazionale.

La “nazionalizzazione” di Hizb’Allah è un dato fattuale che ha visto il partito di Sayyed Hassan Nasrallah rivestire un ruolo sempre più egemone e determinante nella vita sociopolitica libanese. Al contempo l’aspetto eminentemente militare dell’organizzazione di resistenza è rimasto intatto e funzionale come alle origini.

In una realtà complessa, disorganica, frammentaria e suddivisa in comunità confessionali ed etniche quale quella libanese Hizb’Allah ha saputo nel corso degli ultimi quindici anni catalizzare l’attenzione di ampi settori della vita sociale e politica del paese dei cedri sul diritto, la legittimità e l’insindacabile necessità del mantenimento del proprio dispositivo di sicurezza e, contemporaneamente, ha creato le basi per quell’alleanza politica che ha dato vita all’Opposizione Nazionale Libanese all’interno della quale si sono ritrovati i principali partiti e le forze che si oppongono ai diktat americano-sionisti: dai comunisti ai socialnazionali, dai cristiani di Aoun a quelli di Souleiman Franjie, dai sunniti di Fouad Makhsoumi ai nazionalisti panarabi del Partito Ba’ath libanese passando per i movimenti nazionalisti drusi del Partito Democratico di Talal Irslan e della Corrente Nazionale di Whiam Wahab e finendo con altre formazioni minori quali il Movimento del Popolo del cristiano ortodosso Najah Wakim.

Questa funzione politica di Hizb’Allah non impedisce al movimento sciita filo-iraniano (e orgogliosamente fiero di rivendicare la ‘filiazione’ dalla Repubblica Islamica della quale riconosce la Guida Suprema, Sayyed Alì al Khamine’ì, e il ruolo di faro e centro ideologico-religioso nonchè supremo referente politico-militare delle nazioni arabo-islamiche in lotta contro l’Imperialismo) di perseguire i suoi obiettivi originari i quali si intersecano, inevitabilmente, con quelli d’ispirazione religioso-politica islamo-sciiti che , in ultima analisi, prospettano la fine dell’entità criminale sionista e la nascita di uno Stato palestinese autonomo e indipendente che si doterà della formula di governo – laica o religiosa, multiconfessionale o islamica – che decideranno i suoi legittimi abitanti ovvero i palestinesi, popolo della diaspora cacciato dalla propria terra, umiliato e sottomesso da oltre sessant’anni dall’arroganza dei nemici dell’uomo.

Perchè, sia detto per inciso, “Israele” è un cancro per le popolazioni arabe e del Vicino Oriente: sorta di accampamento terroristico ebraico, organizzazione criminale al soldo dell’imperialismo e del cosmopolitismo usurocratico-capitalista ebraico mondiale, perenne minaccia alla pace e alla stabilità regionali.

E come sostenuto e ribadito in diverse occasioni dal presidente della Repubblica Islamica , Mahmood Ahmadinejad, l’instaurazione di questo cancro nel cuore del mondo arabo e islamico rappresenta l’ultimo regalo del colonialismo e dell’imperialismo occidentali, l’uovo del serpente simbolico disegnato lucidamente da Sergeij Nilus nell’introduzione alla prima edizione russa dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” (1905), autentico crimine commesso dalle potenze uscite vincitrice dal secondo conflitto mondiale ed eterodirette dall’Internazionale Ebraica: “Dopo la fine della seconda guerra mondiale – dichiarerà Ahmadinejad davanti alla platea delle Nazioni Unite riunitesi per la conferenza contro il razzismo a Ginevra lo scorso aprile – gli alleati sono ricorsi all’aggressione militare per privare della terra un’intera nazione sotto il pretesto della sofferenza patita dagli ebrei. Hanno inviato immigrati dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal mondo dell’olocausto per stabilire un governo razzista nella Palestina occupata” accusando “gli stati occidentali di essere rimasti in silenzio di fronte ai crimini commessi da Israele a Gaza” (6).
 

La soluzione contro il sionismo è quella proposta da Ahmadinejad , senza se e senza ma:  “Sradicando il sionismo e tornando a Dio Onnipotente”.

“È di grande importanza mettere a fuoco gli obiettivi delle grandi potenze e dei media controllati dal sionismo e – ha aggiunto parlando a Ginevra in quella stessa occasione Ahmadinejad  – occorrono rimedi contro il sionismo e i suoi sostenitori a tutti livelli” ricordando che “sfortunatamente esiste una letteratura a favore del sionismo e dei suoi crimini ed è responsabilità degli Stati di fare luce su queste campagne che vanno contro i valori umani. Così come dovrebbe esser riconosciuto – ha concluso dopo aver attaccato anche comunismo e liberalismo occidentale “ormai giunti alla fine” – che boicottare questa conferenza è un palese esempio di come si sostiene il razzismo” (7)

Accuse rivolte dunque contro tutto l’Occidente, primo responsabile della costituzione dell’emporio criminale sionista occupante la Terrasanta palestinese, e contro la disinformazione e la propaganda che continuano a distorcere la storia e la verità a favore degli interessi sionistici ed imperialistici.

In occasione della recente manifestazione per la Giornata Mondiale di Al Qods, parlando davanti agli studenti dell’Università di Teheran lo stesso Ahmadinejad è tornato a ribadire che il preteso “olocausto ebraico” è “una falsità ed un pretesto per creare il regime sionista” sostenendo che “affrontare e cancellare il regime sionista è un dovere sia nazionale che religioso”.

“Questo regime d’occupazione – ha proseguito Ahmadinejad – non durerà a lungo, la sua esistenza sta per finire e nessuno dovrebbe legare il suo destino ad esso” suscitando l’inevitabile ‘sequela’ di piagnisteismo kippizzato giudeo e giudaizzante per i quattro angoli del pianeta ma anche il plauso del Capo di Hizb’Allah, Nasrallah, il quale, confermando quanto dichiarato dal Capo di Stato iraniano, ha immediatamente ribadito che “il nostro credo è che Israele sia un’entità illegale, un tumore cancerogeno, che deve essere estirpato!” (8)

Mitologia politica piagnona, vittimismo ipocrita, usurocrazia finanziaria, leggende olocaustiche, occupazione territoriale, terrorismo indiscriminato, crimini e stragi sono il ‘sigillo’ d’infamia e di disonore che contraddistingue indiscutibilmente l’operato dei nemici dell’uomo contro i quali è sorta la Resistenza Libanese ed Hizb’Allah: contro “Israele” e le sue fandonie, contro l’ebreo e le sue menzogne in Libano si è radicata una macchina bellica puntata ‘sapientemente’ e spregiudicatamente per difendere il diritto inalienabile alla sovranità nazionale, all’indipendenza, alla libertà ed alla giustizia dei popoli del Vicino Oriente e tutto il mondo arabo.

Senza giustizia non può esistere vera libertà! Senza combattere non esiste indipendenza! Questa la lezione che Hizb’Allah ha saputo dare al resto del pianeta, agli oppressi e ai diseredati della terra e a tutti gli uomini liberi che non intendono sottomettersi ai ricatti della Sinagoga Mondiale!

Il mondo si divide in due categorie: da un lato i servi sciocchi dell’Internazionale Ebraica dall’altro lato gli Uomini Liberi che rifiutano il progetto di egemonia planetaria imperial-sciovinista e razzista del Gran Sinedrio!

Contro le forche caudine sioniste e la Lex Judaica imperanti nell’ovile occidentale e contro i crimini e le atrocità commesse dagli assassini dalla stella di Davide si levi alto il monito del Grande Poeta: “Uomini siate e non pecore matte/ si che di voi tra voi/ ‘l giudeo non rida” (Dante Alighieri).

Au revoir

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA “ISLAM ITALIA”

Note –

1 – Articolo – “Crimini di guerra sionisti in Libano” dal periodico “Il Puro Islam” di Napoli. In rete disponibile all’indirizzo Internet:

http://radioislam.org/islam/italiano/sionismo/crimi.htm ;

2 – Articolo – “Israele allestisce un campo di tortura per i prigionieri libanesi” di Kurt Nimno apparso in data 2 Agosto 2006 su http://www.infopal.it ;

(*) – in merito alla ‘percezione’ del fascimo nel Vicino Oriente occorre sottolineare che a parlare in quest’intervista è un militante comunista e come in effetti la Falange maronita si sia sempre ‘spacciata’ quale ultra-destra conservatrice, reazionaria e filo-sionista organizzazione di riferimento di ambienti della comunità maronita alleati de facto dei sionisti. Non bisogna in questo contesto comunque sottilizzare troppo per un’aggettivo squalificante che viene notoriamente molto meno utilizzato in ambito arabo-islamico e che, per ciò che concerne la realtà libanese, ricorre spesso anche a proposito di Hizb’Allah (‘percepito’ dai sionisti e filo-sionisti quale movimento “fascista-islamico” secondo la ‘dizione’ bushista neo-conservatrice) e degli stessi militanti del Partito Nazional Sociale Siriano, movimento d’ispirazione fascista fondato agli inizi degli anni Trenta da Antoin Sa’ada e che conserva a tutt’oggi il suo simbolo originario…uno swastika!

(**) – Abbiamo personalmente conosciuto ed intervistato il militante Anwar Yassin incontrato durante le manifestazioni di piazza oceaniche che invasero il cuore della capitale Beirut nel dicembre 2006.

3 – Articolo – “Dall’inferno di el Khiam – Intervista a Sleiman Ramadan, compagno del Partito Comunista Libanese” presente all’indirizzo internet: http://www.senzacensura.org/public/rivista/sc03_1014.htm  ;

4 – Lorenzo Trombetta – “Un’analisi sui risultati elettorali in Libano- Il Libano tra voglia di democrazia e consociativismo confessionale” – dal sito www.affarinternazionali.it

5 – Brian Harring – “L’invasione del Libano 2006” – articolo pubblicato e tradotto dal sito www.comedonchisciotte.org ;

6 – Articolo “Ahmadinejad all’Onu: Israele razzista. I delegati UE abbandonano il vertice” presente all’indirizzo internet http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/esteri/durban/co… ;

7 – dal discorso del Presidente Mahmood Ahmadinejad alla conferenza sul razzismo delle Nazioni Unite a Ginevra , 20 aprile 2009;

8 – notizia riportata dal sito Blitzquotidiano.it in data 19 settembre 2009 e disponibile all’indirizzo informatico di questo blog sionista : http://www.focusonisrael.org/2009/09/19/ahmadinejad-oloca…

Articolo pubblicato sui siti internet di www.italiasociale.net e  www.terrasantalibera.org in data 22 Novembre 2009