LENI RIEFENSTAHL

8 Ago

 

LENI RIEFENSTAHL

 

Continuavano a chiedermi se avessi una storia con Hitler. “Sei la donna di Hitler?”
Io ridevo e rispondevo ogni volta allo stesso modo:
“No sono false voci. Per lui ho solo fatto dei documentari.

Leni Riefenstahl, sul suo viaggio negli Usa nel 1938, in A Memoir, 1995.

 

 

 

Riefenstahl, Leni (Berlino 1902- ), regista, fotografa e attrice tedesca. Helena Bertha Amalie Riefenstahl, questo il suo nome completo, studiò inizialmente pittura e danza. La sua carriera cinematografica comincia come attrice nel 1926 con il  film di Arnold Fanck La montagna sacra. Nelle Alpi italiane e svizzere Leni Riefensthal interpretò i film di montagna e diresse nel 1932 La luce blu (La bella maledetta), suo primo lavoro da regista, molto interessante per la scelta e la costruzione delle immagini. A Norimberga e Berlino raggiunse negli anni Trenta il culmine artistico della sua carriera di regista con due film che la coinvolsero direttamente con il potere nazista. Infine, tra l’Africa e le Maldive, intraprese la sua nuova carriera come fotografa (negli anni `70 la troviamo al lavoro per il “Sunday Time” con il nome di Helen Jacobs), una volta visti frustrati i tentativi di tornare al cinema dopo la condanna morale del dopoguerra (fu arrestata per propaganda nazista e venne rilasciata nel `48; un anno dopo venne assolta dalle accuse più gravi. Comunque la qualifica di “simpatizzante” le rimase, e parecchi furono i processi che dovette subire). Ma se il personaggio resta discutibilissimo, tutta la sua opera è comunque eccezionale.

 

Ne La luce blu (1932), prodotto dalla regista in collaborazione con Béla Balàs,  il viso e il corpo di Leni Riefensthal danno vita al personaggio di Junta, la fanciulla tzigana che, unica nel suo villaggio, riesce a scalare le pareti del Monte Cristallo guidata da una luce blu. Il bagliore, frutto di un prezioso tesoro (una roccia di cristalli), finisce per attirare l’avidità degli uomini, che insieme al trionfo della ragione, finiranno per violare e distruggere il segreto della ragazza e la sua vita. La luce blu, apologo di un mondo fiabesco, esprime il rifiuto della brutalità di un presente privo di misteri, di segni premonitori e di valori magici. La figura di Junta rappresenta la bellezza dell’anima e la purezza del desiderio, il suo corpo, il simbolo della natura. “Facendo d’istinto questo film così romantico – dichiarava nel `65 la regista in un’intervista sui “Cahiers du Cinema – avevo finito per rappresentare il cammino che in seguito avrei percorso io stessa. Infatti, in un certo modo, avevo prefigurato il mio stesso destino e gli avevo dato una forma. Solo più tardi mi sono resa conto che in quasi tutti i miei film ci sarebbe stata sempre, diciamo… la purezza. Junta era una ragazza vergine e innocente che si ritraeva per paura al solo contatto del reale, della materia, del sesso”. Più tardi, in Bassopiano, film del `40 rimasto incompiuto a causa della guerra, il personaggio di Marta è quasi identico a quello di Junta.

 

Il trionfo della volontà, il film documento girato nel `34 durante il Congresso Nazional-Socialista a Norimberga, per Riefensthal è “un film puramente storico, che riflette la verità di ciò che era nel `34, la storia. E’ dunque un documento, non un film di propaganda”. Potenti effetti sonori accompagnano l’immagine di un Reich “scintillante” e onnipotente attraverso le coreografiche manovre di massa del suo esercito. Le riprese di quella folla sterminata di militari in movimento, insieme ai primi piani del Führer, e alle immagini di donne, bambine che porgono fiori e soldati, che dovevano rendere l’idea di quello che venne definito “il tempo del risveglio”, è nel suo genere un esempio unico nel campo del film di propaganda.

 

Olympia (1938), testimonianza sulle Olimpiadi berlinesi del 1936, è diviso in due parti: la prima è quasi un inno all’armonia e alla bellezza fisica. Ma il film, nonostante gli immensi mezzi materiali e i due anni di lavoro impiegati per il montaggio di chilometri e chilometri di pellicola, rimane artisticamente inconsistente e solo in pochissimi episodi la regista riesce a tradurre lo sforzo e la bellezza plastica degli atleti.

 

Nel 38 con Olympia Leni Riefensthal vincerà la Coppa Mussolini al festival di Venezia (ex aequo con “Luciano Serra pilota”) realizzato per incarico di Goebbels che vedeva in lei la cineasta più adatta a celebrare l’epopea delle Olimpiadi di Berlino del 36. Lo dimostravano il successo e l’allineamento dei suoi documentari “La vittoria della fede” e “Il trionfo della volontà”. Anche la sua fu una competizione insieme alle altre, combattuta contro chi sosteneva l’impossibilità dell’operazione, con le tecnologie più avanzate, la ricerca di pellicola e obiettivi più adatti, i centimetri contesi ai giudici di gara, l’uso di aeroplani, palloni frenati, involucri insonorizzati, quaranta operatori, diciotto mesi di montaggio e un’unica tensione verso un ideale di bellezza (certo, “piuttosto” nordico). La celebre sequenza dell’atleta che porta la fiaccola dalla Grecia a Berlino è spesso ricordata come anticipazione di un viaggio inverso, la marcia dei nazisti attraverso l’Europa fino al Partenone.