SAYYED ALI’ KHAMENE’I: LA GUIDA SUPREMA DELLA RIVOLUZIONE ISLAMICA IRANIANA

23 Ago

SAYYED ALI’ KHAMENE’I :

LA GUIDA SUPREMA DELLA RIVOLUZIONE ISLAMICA IRANIANA

di Dagoberto Husayn Bellucci

I ‘riflettori’ massmediatici del mondo sono, da diverse settimane, ‘puntati’ verso la Repubblica Islamica dell’Iran e gli avvenimenti che hanno caratterizzato il dopo-elezioni presidenziali che, lo scorso 14 Giugno, hanno confermato Mahmoud Ahmadinejad quale Presidente in carica.

Tra le differenti ‘percezioni’ sistemiche della situazione iraniana, avvertita dai media occidentali in fase di ‘trasformazione’ (…in realtà le proteste organizzate dall’ala cosiddetta ‘riformista’ dello schieramento politico iraniano e sostenute dalle ‘ambascerie’ dell’Occidente giudaico-mondialista attraverso i professionisti agit-prop (1) finanziati dalle centrali di destabilizzazione atlantico-sioniste d’oltreoceano …) pochi si sono soffermati sul ruolo, la funzione e l’azione di supervisione decisionale esercitata dalla Guida Suprema della Rivoluzione Islamica, il Grande Ayatollah Sayyed Alì al Khamine’i “al qaèd”= il Capo come viene onorato in Libano da Hizb’Allah che ne riconosce la funzione di Waly-Faqì = Guida del Giuriesperto e di Supremo referente spirituale, dottrinale e politico per la sua azione sia in campo religioso che socio-politico.

In questo nostro breve intervento scrittorio daremo alcuni ‘cenni’ biografici sulla Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran ricordando come, secondo quanto contemplato dalla Costituzione iraniana, fu l’Assemblea degli Esperti – composta da sessantaquattro membri scelti tra il clero shi’ita locale – a eleggere Sayyed Alì Khamene’ì al vertice della teocrazia iraniana riunendosi in seduta straordinaria dieci ore dopo la triste dipartita del fondatore della Repubblica Islamica , l’Imam Khomeini, designandolo quale successore e massima autorità religiosa e politica del paese.

L’Āyatollāh Seyyed Alī Hoseynī Khāmeneī, in lingua persiana ( Farsi ): سید علی حسینی خامنه‌ای (Mashhad, 15 luglio 1939), è nato da una famiglia di azeri. Ali Khāmeneī cominciò gli studi religiosi dopo aver completato l’educazione elementare. Frequentò a Mashhad, città santa shi’ita nella regione del Khorassan, le lezioni dei maestri di “Sat’h” (insegnamenti basati sulla lettura di testi) e “Kharej” (insegnamenti non basati sulla lettura di libri di testo), come Āyatollāh Hajj Sheykh Hāshem Qazvīnī e l’Āyatollāh Mīlānī, e, nel 1957, si recò a Najaf (Iraq) per continuare i suoi studi islamici.

Un anno più tardi si stabilì a Qom presso il centro teologico locale dove frequentò le lezioni dell’Āyatollāh Borujerdī, dell’Ayatollàh Haeri e dell’Āyatollāh Khomeynī.

Viene ricordato in gioventù come una personalità piuttosto anticonformista: suonatore di tar, fumatore di tabacco olandese e calzato in jeans sotto la veste religiosa.

In seguito fu coinvolto nelle rivolte islamiche del 1963, che lo condussero all’arresto nella città di Birjand (Khorasan meridionale) in occasione dei festeggiamenti per il quindicesimo anniversario dell’insurrezione di Khordad. Arrestato dalla polizia “imperiale” dello shah, la famigerata Savak, dopo un breve periodo fu rilasciato e continuò la sua vita insegnando nelle scuole religiose di Mashhad e tenne corsi sul testo, attribuito al primo Imām della scuola shi’ita Alī ibn Abī Tālib, del Nahj ul-Balāgheh in differenti moschee. Fu Khāmeneī che importò database per PC e internet nelle scuole religiose della città di Qom.

Nel periodo compreso tra il 1963 e il 1967 fu più volte arrestato e messo in prigione per attività rivoluzionarie ed incarcerato presso il centro di reclusione per detenuti politici “Qezel Qala” della capitale. Successivamente incrementò le attività culturali e di propaganda all’interno delle cellule rivoluzionarie clandestine islamiche che si andavano formando fin dalla fine degli anni Sessanta in tutti i principali centri religiosi iraniani. Nel 1974 Khamene’ì venne nuovamente arrestato e incarcerato dalla Savak. Scarcerato un anno dopo riprese nuovamente i corsi di interpretazione del Sacro Corano e le attività propagandistiche contro il regime criminale dello shah. Nel 1977 su ordine di Jimmy Carter, allora presidente degli Stati Uniti, il regime tirannico dello shah annunciò di aver optato per una politica di totale apertura verso le opposizioni: i fatti smentirono questo pomposo annuncio fatto dal burattino di Washington e principale artefice delle politiche laico-occidentali nel paese.

L’Ayatollah Khamene’ì sarà da allora uno dei principali responsabili dell’organizzazione clandestina e della rete segreta del clero shi’ita in lotta contro la tirannia pahlevi e tra i maggiori referenti della Guida della Rivoluzione, l’Imam Khomeini, all’epoca esiliato in Iraq. Questa estesa organizzazione rivoluzionaria, che sarà la principale artefice della vittoria delle forze rivoluzionarie islamiche in Iran, dopo il trionfo della Rivoluzione Islamica nel 1979 si trasformerà in uno dei pilastri della neonata Repubblica Islamica ovvero nel Partito della Repubblica Islamica. La Savak arrestò nuovamente Khamene’ì e lo costrinsero all'”esilio” presso Iranshahr, remota località dell’Iran sud-orientale. Quando le fondamenta del regime oppressivo dello shah si andavano incrinando e la struttura di potere ‘imperiale’ si frantumava dinanzi all’impeto delle masse islamiche iranianea Khamene’ì abbandonò Iranshahr per rientrare a Teheran e unirsi al fronte rivoluzionario che stava dando le ultime spallate al regime.

Dopo la vittoria della gloriosa Rivoluzione Islamica, assieme agli illustri martiri l’Ayatollah Beheshti e l’Hojjat ol Islam Bahonar, Khamene’ì fu tra i fondatori del Partito della Repubblica Islamica. Agli ideologi suoi collaboratori (vale a dire l’Hojjat ol Islam Hashemi Rafsanjani e l’Ayatollah Musavi Ardebili) verrà affidato il compito di pianificare l’attuazione della Rivoluzione Islamica nella vita del neonato Stato. Nel 1979 su suggerimento del martire Ayatollah Motahari, l’Ayatollah Khamene’ì venne nominato membro del Consiglio della Rivoluzione e suo rappresentante al Ministero della Difesa nonchè Comandante dei Guardiani della Rivoluzione.

Alī Khāmeneī fu una figura chiave nella Rivoluzione iraniana e un intimo consigliere dell’Āyatollāh Khomeynī e raggiunse i vertici del potere quando, dopo le dimissioni del Grande Āyatollāh Hoseyn Alī Montazerī, il 19 gennaio 1980 venne nominato leader della preghiera del venerdì di TeherMir Hossein Mossavi.


Khāmeneī fu rieletto per il secondo mandato il 20 agosto del Guida Suprema, diversamente dal primo presidente dell’Iran Abolhassan Banisadr.

Nella sua qualità di esperto di giurisprudenza islamica, l’Ayatollah Sayyed Alì Khamene’ì ha insegnato teologia ai corsi superiori del Centro Teologico di Mashad. Ha assoluta padronanza della lingua araba e di quella “azarì” (la variante iraniana del turco); inoltre è famoso per essere un appassionato studioso di letteratura. I suoi discorsi sono sempre fonte di conoscenza ed è sempre stato molto apprezzato per le sue qualità oratorie.

Riconosciuta a livello islamico la sua competenza l’Ayatollah Khamene’ì è autore di molti volumi di ideologia e sulla storia dell’Islam, curando anche la traduzione di numerosi testi in lingua araba. Le sue traduzioni più note sono “Il futuro nel regno dell’Islam”, “Un progetto di legge esemplificativo della civiltà occidentale”, “La pace dell’Imam Hassan”. Tra i suoi scritti più famosi ricordiamo “Il ruolo dei musulmani nella liberazione dell’India”, “Un quadro generale del pensiero islamico nel Sacro Corano”, “La pazienza”, “Dalle profondità della preghiera”, “Il rifiuto della sottomissione a null’altri che a Dio”. Quest’ultima opera, che ha costituito anche uno dei suoi discorsi, è stata pubblicata falla Fondazione del Pensiero Islamico di Teheran in diverse lingue compreso inglese, swahili, turco e francese.

Alla morte di Khomeynī, il delfino designato della Guida Suprema, il grande ayatollah Montazeri, viene destituito per essersi opposto e aver messo in discussione il principio fondamentale della struttura di potere della Repubblica Islamica ovvero la Walayat et Faqì = la Guida del Giuriesperto, illustrata e contenuta nel testo più politico e noto in Occidente dell’Imam Khomeini, quello sul “Governo Islamico” (2).

Sarà allora Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, già suo rivale, a sostenere la candidatura di Khamenei. Khāmeneī fu eletto nuova Guida Suprema da un’Assemblea di Esperti il 4 giugno 1989 all’indomani della dipartita del fondatore della Repubblica Islamica , l’Imam Khomeini.

Dal momento che Khāmeneī doveva assumere la sua carica, e che l’emendamento alla Costituzione che avrebbe permesso a un esponente del “clero” del suo grado di assumere la Guida Suprema non era ancora stato sottoposto a referendum, l’Assemblea parlamentare decise al suo interno di affidargli l’incarico temporaneamente, finché l’emendamento alla Costituzione non fosse stato debitamente votato.

La scelta di Khāmeneī – che venne subito nominato Āyatollāh ma il cui prestigio di dotto giurisperito che lo autorizzerebbe a esprimere l’ijtihād (interpretazione autentica sui dati coranici e della tradizione islamica sciita) fu messo in discussione – fu di tipo politico. Egli rappresentava senza dubbio la continuità nella “linea dell’Imam” anche se inizialmente il tentativo dell’Assemblea degli Esperti di promuovere Khāmeneī come nuovo marja al-taqlīd fallì quando venne in contatto con gli ambienti dei dotti sciiti che non lo ritennero adeguato all’ufficio della “Marjaiyat”.

Il fallimento probabilmente diventò noto quando si ebbero riscontri ufficiosi da parte dei maggiori centri di studio sciiti i quali, interpellati, suggerirono che la pretesa fosse inaccettabile. Per rimediare alla situazione e provare a esercitare una qualche forma d’influenza, la leadership dell’IRI intraprese tre passi. Il primo fu quello di predisporre un ritiro della richiesta per Khāmeneī, inducendolo a rifiutare l’offerta della Marjaiyat per l’Iran (come spiegò egli stesso, a causa delle sue diverse pesanti responsabilità), ma concordando sul fatto che egli fosse il Marja per gli sciiti fuori d’Iran. La sua accettazione della marjaʿiyat per gli sciiti fuori d’Iran non aveva alcun precedente tradizionale o teologico nello Sciismo. La Marjaiyat può essere – e in età moderna lo è diventata sempre più – transnazionale. Un marja in Iran può avere seguaci (muqallid) in Libano o Pakistan. Soprattutto in Libano, dove Hizb’Allah ed il suo braccio armato della Resistenza Islamica hanno sempre riconosciuto la walayat di Khamene’ì, questi venne immediatamente considerato quale Guida Suprema.

Teoreticamente, il sistema della Repubblica Islamica (velāyet-e faqīh, governo del giurisperito) è legittimo quando un Grande Āyatollāh che è considerato come fonte di emulazione (marja-ye taqlēd) serve in veste di faqīh (giurisperito). Tale grado di piena legittimità verrà successivamente raggiunto, a metà anni Novanta, da Khamene’ì il quale diventerà il referente supremo in particolare della classe dirigente conservatrice e delle masse dei fedeli musulmani dell’Iran dando un ampio ruolo, quale autorità supervisore della situazione interna, al Consiglio dei Guardiani.

Nell’agosto 2000 egli affiancò il Consiglio dei Guardiani per respingere la proposta del Majlis (il parlamento) di riformare la Legge sulla Stampa del paese. In una lettera scritta al Parlamento, riportata dall’Agenzia di Stampa di Stato (IRNA), egli affermò che la legge vigente aveva impedito ai “nemici dell’Islam” di piegare al proprio volere la stampa. “Pertanto ogni re-interpretazione della legge non è nell’interesse del Paese”, specificò nella sua lettera. La nuova Legge sulla Stampa fu quindi abbandonata dal Parlamento.

L’Āyatollāh Khāmeneī ha fortemente sostenuto l’Āyatollāh Mohammad Taghi Mesbah Yazdi e le sue idee. Egli considera l’Āyatollāh Mesbah come il principale teorico odierno della Rivoluzione Islamica dopo Morteza Motahhari. Motahharī fu di gran lunga conosciuto come il più importante teorico della Rivoluzione Islamica e fu assassinato poco dopo la Rivoluzione dai terroristi dell’MKO.

In politica estera l’Ayatollah Khamene’ì ha sempre mantenuto la Repubblica Islamica sulla difensiva rispetto ai ripetuti e dichiarati complotti di americani e sionisti. Fedele alla linea dell’Imam Khomeini, Khamene’ì si è distinto per la sua politica anti-imperialista nei confronti di Washington e per il sostegno alle resistenze di popolo del Libano e della Palestina contro il regime d’occupazione sionista. Khamene’ì ha sovente denunciato come inaccettabile qualsiasi forma di dialogo con gli Stati Uniti che reputa i principali responsabili dei problemi dei musulmani e di quelli della regione mediorientale. In occasione delle guerre mondialiste condotte dalla superpotenza statunitense contro l’Iraq la Guida Suprema ha criticato la politica imperialista dell’amministrazione americana.


Nel 2000, nel “Giorno di al-Quds” (Gerusalemme), secondo i servizi di traduzione occidentali, spesso offerti dall’ organizzazione MEMRI, Khāmeneī si è pronunciato per la distruzione di Israele. Dopo il disastro dell’ 11 settembre, 2001 ha condannato l’attacco terroristico pronunciandosi per la condanna delle attività terroristiche nel mondo ma ha anche specificato che “I diritti umani, sono l’arma nelle mani dei nostri nemici in lotta con l’Islam.” , denunciando così l’ipocrisia che talvolta aleggia su questa delicata materia. Egli è solito dire che il governo americano, con i suoi molti crimini e comportamenti scorretti non è autorizzato a giudicare il rispetto dei diritti umani in Iran.

Il 4 giugno, 2006 Khāmeneī ha minacciato che l’Iran potrebbe creare disagi al carico di energia dalla regione del Golfo nel caso di un’aggressione statunitense al Paese, insistendo che Tehrān desidera solo produrre combustibile nuclare a scopo civile. Affermazione peraltro confermata dal rapporto della CIA che recentemente ha sottolineato che la Repubblica Islamica ha sospeso le attività nucleari a scopo militare già nel 2003. Tali affermazioni dell’intelligence statunitense sono ovviamente da prendere con il beneficio d’inventario considerando che nè Washington nè Tel Aviv, i principali destabilizzatori della pace nel quadrante geopolitico vicinorientale, hanno mai cessato di rivolgere le loro minacce e lanciare i loro attacchi verbali contro la Repubblica Islamica fomentando complotti all’interno del paese e sostenendo tutte le forze politiche – compresi recentemente i riformisti usciti sconfitti dalle ultimi elezioni presidenziali – funzionali per abbattere il Governo Islamico iraniano.

Apprezzamenti e massima fiducia nell’operato della Guida Suprema iraniana sono sempre stati ribaditi dalla leadership di Hizb’Allah in Libano che riconosce come assolutamente indiscutibile l’autorità del successore dell’Imam Khomeini. Hizb’Allah nei suoi raduni non dimentica di ricordare il ruolo essenziale, religioso e politico, svolto in questi ultimi vent’anni dalla Guida della Rivoluzione.

Il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejād, infine,si è espresso spesso in favore di Alī Khāmeneī. In un suo recente discorso, Khāmeneī ha detto: “Questo governo è il miglior governo dell’Iran da cento anni”.

Sayyed Alì Khamene’ì è la Guida della Rivoluzione Islamica: massimo referente spirituale e religioso per gli shi’iti rivoluzionari e khomeinisti nel mondo, Marjjà et Taqlid e Waly et Faqì per i seguaci della ‘linea dell’Imam’ e assoluto ‘axis mundi’ , centro di riferimento insindacabile e irrinunciabile, per chiunque riconosca nella Repubblica Islamica dell’Iran il supremo referente geopolitico, strategico e militare contro le strategie di omologazione planetaria del Grande Satana statunitense, i complotti dell’Imperialismo e le minacce del Sionismo internazionali.

La Guida non si ‘discute’…. la Guida si segue! Sempre e comunque! Nel bene e nel male! Al di là dell’approvazione o disapprovazione altrui!

Labbaika al Khamene’ì!

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA “ISLAM ITALIA”

DA NABATHIYEH (LIBANO MERIDIONALE)

 

 

 

Note –

1 – Risultano palesi le intromissioni di soggetti al soldo dell’Intelligence statunitense e ‘inseriti’ nelle cosiddette ‘proteste di piazza’ al ‘lato’ delle bande teppistico-mercenarie ‘riformiste’ le quali hanno incendiato alcuni quartieri della capitale iraniana funzionalmente alle strategie di destabilizzazione della Teocrazia Islamica iraniana ‘varate’ da Washington. In proposito scrive Enrico Vigna: “Ieri in Yugoslavia (2000), oggi nella “rivoluzione verde” in Iran (…) puntualmente ricompaiono alcuni noti esponenti del movimento giovanile serbo, che fu finanziato e addestrato dalla CIA per rovesciare il governo di unità nazionale della RFJ. Nel tentato colpo di stato di queste settimane in Iran, sponsorizzato e sostenuto dalla “intelligence” USA, conscia della non convenienza di un’aggressione armata aperta, per molteplici motivi, sia militari che geopolitici nell’area medioriental (…le ‘mutande’ a ‘casa’ poi come ce le ‘riportate’…a ‘stracci’? ndr…), stanno piano piano venendo alla luce i “lati oscuri” della “spontanea” protesta popolare a Teheran. Per esempio che il “Centro di documentazione dei diritti umani in Iran”, situato presso l’Università di Yale (..da sempre noto ‘feudo’ dell’Establishment mondialista che ‘controlla’ gli States…ndr), è finanziato con milioni di dollari fin dal 2004, soldi stanziati dal governo USA e giustificati come: “…un piccolo programma di aiuto del governo americano destinato all’opposizione iraniana all’interno del paese…” (…all’interno della quale si situano, in posizione ‘privilegiata’ anche i terroristi dell’MKO , Mujhaeddin (munafikin = ipocriti) e Kalq, responsabili di innumerevoli atti di terrorismo sul territorio iraniano e per questo inseriti nella ‘black list’ del Dipartimento di Stato a Washington ….’ufficialmente’ esclusi in realtà sottobanco finanziati dall’America e più che tollerati nell’Unione Europea…ndr). Nell’aprile 2005 a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, Washington ha patrocinato e organizzato dei corsi segreti nei quali “attivisti” iraniani pagati, venivano istruiti sul come fare per rendere vacillante la posizione di Ahmadinejad. Ed ecco che si scopre che uno degli “istruttori” che Washington portò a Dubai per insegnare ai giovani iraniani come destabilizzare il loro paese ed offrirlo all’occidente per “democratizzarlo”, non era altri che il venditore delle rivoluzioni colorate nel mondo, pianificate dal Dipartimento di Stato degli USA, l’attivista serbo e fondatore di Otpor, Ivan Marovic. (…) Nel 2006 l’amministrazione Bush aveva chiesto 75 milioni di dollari al Congresso degli Stati Uniti per sostenere l’opposizione al governo iraniano. Lo schema “contestatario” preordinato e predefinito (…in Libano avevano ‘cercato’ di applicarlo fin dal febbraio 2005, all’indomani dell’assassinio dell’ex premier Rafiq Hariri, con l’obiettivo di disarmare la Resistenza ovvero Hizb’Allah…anche lì, come in Iran, gli è andata ‘male’…ndr). Con lo stesso schema operativo, usato da Otpor e ritentato nelle cosiddette “rivoluzioni colorate” seguenti, i contestatori iraniani hanno usato le elezioni come scusa, seguendo un copione infallibile preordinato, che prevede l’inizio delle denunce di probabili brogli prima del voto e poi, anche immediatamente prima della chiusura dei seggi, iniziando a manifestare massicciamente e tumultuosamente, reclamando che le elezioni non sono valide e che il popolo è stato ingannato; “Dove è il mio voto? “ lo slogan ad uso mass mediatico, usato a Teheran. Tutto questo appoggiato e sostenuto dal pronto e roboante martellamento mediatico delle zelanti agenzie di stampa occidentali, con una copertura mediatica 24 ore su 24, che fanno vedere o ripetono le stesse scene in continuazione in ogni angolo del mondo. I contestatori iraniani sono istruiti affinché continuino ad insistere che il “loro” presidente non è quello che ha vinto le elezioni (Ahmadinejad), ma invece sarebbe l’uomo che Washington e l’occidente sostengono (Mousavi, che è salutato dai media filo-occidentali come un candidato per le riforme), chiedendo, come fece Otpor in Serbia nel 2000, il riconteggio dei voti o nuove elezioni. In entrambi i casi, deve essere un centro “indipendente” (finanziato da Washington o dall’occidente) ad avere il compito di dichiarare il vero vincitore (..altrimenti – come a Algeri nel dicembre 1991 e nella striscia di Gaza tre anni or sono – non ‘vale’…quando perdono i ‘democratici’ non ‘giocano’ più….”non gioco più me ne vado” cantava la Sublime Mina…ndr). I contestatori iraniani, come Otpor, Kmara, Pora e gli altri prima di loro, sebbene pubblicizzino le loro proteste come un “movimento non violento”, attaccano e provocano le forze di sicurezza con atti di violenza usando pietre e molotov, attaccando poliziotti isolati, insultando o provocando, cercando di provocare reazioni violente, con altri elementi pronti a riprendere con macchine fotografiche o videocamere, che in pochi minuti fanno il giro del mondo e dimostrano la repressione violenta dei “regimi antidemocratici”… E, se lo stato od il governo attaccato, non usano la forza contro la piazza manovrata, può essere rovesciato. Nel caso contrario il rischio è che qualcuno ci lasci la vita, solitamente qualche giovane inconsapevole di essere una pedina in un gioco geostrategico, molto distante dalla ricerca di maggiori diritti o progresso nella vita delle masse popolari. Cos’è stato OTPOR in Jugoslavia e Serbia. Otpor, i “ragazzi maleducati” (come loro stessi si definivano), movimento studentesco giovanile formatosi nel 1998 a Belgrado, che ha avuto un ruolo determinante nella caduta del governo jugoslavo nel 2000, artefice delle manifestazioni di piazza contro il governo Milosevic, è stato l’asse portante dell’opposizione filo-occidentale della RFJ. Ha raggiunto il suo apice di popolarità nell’autunno del 2000 per poi dissolversi inesorabilmente e aderire al Partito Democratico di Djindic, dopo aver tentato, nell’autunno 2001, di trasformarsi in partito, che alle elezioni avrà un fallimento clamoroso ottenendo solo l’1,65%. A questa confluenza non aderirono alcuni capi storici come Lazendic, Maric e Marovic, che fondarono l’ONG “Centro per la resistenza non violenta”, con finanziamenti esteri cospicui, che in seguito operò alacremente in tutte le cosiddette “rivoluzioni colorate” nell’Europa dell’est. Ufficialmente ha cessato di esistere nel settembre 2004. Affiancati dalla notissima, al tempo, Radio B92, una emittente giovanilista e sinistrorsa nei linguaggi, finanziata, guarda caso, dal saccheggiatore di popoli, il finanziere George Soros (mediante la sua Open Society), ed interna al circuito internazionale di Radio Liberty-Radio Free Europe, con sede legale per l’Europa ad Amsterdam. Una vera e propria cassa di risonanza per tutta l’opinione pubblica occidentale. (…) L’innovazione mediatica fu l’adozione di un moderno marketing grazie alle grandi disponibilità economiche (centinaia di milioni di dollari, come risulta dalle delibere di quegli anni, stanziati dal Congresso USA a favore di questo gruppo, utilizzato per il processo di disintegrazione della Repubblica Federale Jugoslava; fu persino aperto un conto bancario a New York per le “donazioni” al movimento…). Ma divennero poi di dominio pubblico anche il ruolo e le “donazioni” ricevute da numerosi altri “enti” statunitensi e non solo. Dalla Banca Mondiale alle Fondazioni Adenauer ed Ebert, dall’ International Renaissance Foundation all’ Istituto Democratico e Repubblicano degli USA, dal National Democratic Institute di M. Albright alla NED (National Endowment for Democracy, sotto il Dipartimento di Stato USA e ramo ufficioso della CIA) e così via. Dalla sola NED, come indicato sul loro sito ufficiale, Otpor ha ricevuto: 189.600 + 47.790 dollari per l’anno 2000. (…) Numerosi giornali internazionali hanno documentato che Otpor ha goduto dei finanziamenti della CIA, e che alcuni suoi leaders sono stati addestrati dagli americani in funzione di progetti di sedizione in campi di addestramento e seminari nei vari paesi. Il movimento è stato finanziato con diversi milioni di dollari; oltre a moderne e sofisticate attrezzature elettroniche, telefoni cellulari, computer, cancelleria, stampa di volantini e manifesti, in carta patinata. Il loro tutore fu il colonnello americano della CIA in pensione Robert Helvey, che dall’inizio del 2000, presso l’hotel Hilton di Budapest in Ungheria, tenne loro dei corsi intensivi sui metodi di combattimento nonviolento nei disordini di piazza. Helvey stesso ha ammesso in una intervista postuma ai media serbi, di essere stato convocato da rappresentanti dell’Istituto Internazionale Repubblicano (IRI) a Washington, che gli spiegarono che lavoravano con un gruppo di giovani in Serbia, e che lui avrebbe avuto il compito di formarli nelle tecniche di resistenza nonviolenta. Era un lavoro molto importante, stante la situazione di forte instabilità nella Repubblica Jugoslava. Egli avrebbe dovuto addestrare i giovani di Otpor al grande scontro sociale e politico che si prefigurava nel paese. Come rivelò il Washington Post, la polizia di frontiera serba dell’epoca, notò che un notevole numero di giovani serbi si recava a visitare il monastero serbo di Sant Andrej, in Ungheria. In realtà la loro effettiva destinazione era l’Hotel Hilton sulle rive del Danubio a Budapest, dove promosso da US Aid (l’agenzia di aiuti allo sviluppo internazionale, di fatto una branca delle strategie di infiltrazione nei paesi in via di sviluppo), si svolgeva il seminario. Oltre a corsi di tecniche insurrezionali a Sofia in Bulgaria. Lo stesso Stanko Lazendic, uno dei capi e fondatore di Otpor, in un intervista ammise che il colonnello Helvy partecipava a quei seminari, ma che: «… Noi non pensavamo che lavorasse per la CIA. Quello che lui ci ha insegnato, noi ora lo insegniamo ad altri. Come creare un movimento d’opinione contro il regime attraverso il materiale di propaganda o le manifestazioni di piazza…tutto qui… Noi non siamo della CIA, né lavoriamo per la CIA. Se così fosse, guadagneremmo molto, molto di più dei pochi soldi che riceviamo. Una miseria per i rischi che corriamo…». In una intervista al Manifesto nel dicembre 2004 dichiara: «… La generosità democratica in Serbia, Ucraina, Georgia eccetera, esce dai conti correnti di Us Aid, l’organizzazione governativa statunitense, o dall’Iri, l’Istituto Internazionale Repubblicano (il partito di Bush), o dal suo gemello Democratico (Ndi), o dalla fondazione Soros, o dalla Freedom House, o dalle tedesche Friedrich Ebert e Konrad Adenauer, o dalla britannica Westminster… Le trasferte in Ucraina, da agosto a settembre, per esempio, sono state pagata prima dalla Westminster britannica e poi dall’American Freedom House. In Georgia, contro Shevarndnadze, pagava Soros…». Ma sul settimanale “Il Diario” si lasciano scappare: «…Siamo comunque orgogliosi di essere aiutati da un servizio di intelligence di un grande paese democratico…». Chi è Robert Helvey. Direttore della Albert Einstein Institution, un ufficio di copertura, in un intervista a Belgrado del 29 gennaio 2001, Helvey spiega: «… La mia carriera era quella di un soldato professionista. E uno dei miei ultimi compiti fu quello di addetto militare all’Ambasciata di Rangoon (Myanmar). E ho avuto l’opportunità – nei due anni vissuti a Rangoon e viaggiando per il paese – di vedere in prima persona cosa succede quando la popolazione è oppressa al punto da vivere in un clima di completo terrore. E, come sapete, non c’era la prospettiva di un vero futuro per la gente ed era in corso una lotta per la democrazia, ma si trattava di una lotta armata, condotta nelle zone periferiche del paese e nelle regioni di confine. Era molto chiaro che quella lotta armata non avrebbe mai avuto successo. Così, quando tornai (negli USA), continuai a pensare alla Birmania. Lì c’era un popolo che desiderava realmente la democrazia, aspirava veramente a riforme politiche, ma l’unico modo che avevano per lottare era con le armi. E questo non sarebbe certo stato l’inizio di qualcosa, o un primo passo, per questo c’era una sensazione di impotenza, di incapacità. Una volta negli Stati Uniti, mentre ero ancora incaricato ufficiale, fui selezionato come ricercatore senior all’Harvard Center for International Affairs – dove presi parte a riunioni sul “Program for Nonviolent Sanctions” (Programma per sanzioni nonviolente)… Partecipava anche il dott. Gene Sharp, che ha introdotto il seminario dicendo “Lo sforzo della lotta strategica nonviolenta si concentra sul potere politico. Come impossessarsene e come tenerlo fuori dalle mani degli altri.” E io pensai, “Caspita, questo sta parlando la mia lingua”. E sapete, è questo a cui mira anche la lotta armata. Mi sono quindi subito interessato a questo approccio perché mi sono reso conto che avrebbe potuto offrire qualche opportunità per i Birmani. «Come fui coinvolto invece nelle operazioni in Serbia? Avevo svolto dei lavori presso il confine Thailandese-Birmano con l’International Republican Institute. Pertanto, quando si sono messi alla ricerca di una persona per presentare informazioni sulla lotta strategica nonviolenta ad un gruppo serbo, hanno chiamato me…». Molti esponenti di spicco del movimento serbo di Otpor, in sostanza la “cupola dirigente”, tra i protagonisti del colpo di stato del 2000 e della caduta del governo di unità nazionale jugoslavo di Slobodan Milosevic, sono poi diventati esperti internazionali in rivoluzioni. I casi di Bielorussia, Georgia, Ucraina, Kirghizistan, Russia sono ormai documentati e pubblici. Il loro curriculum vitae professionale si presenta con delle strane specializzazioni: addestramento al colpo di stato, gestione delle rivoluzioni, formazione di democrazia.” (crf articolo Le “ombre” di Otpor e della CIA in Iran
di Enrico Vigna da www.eurasia-rivista.org ) ….Il ‘problema’ di questi è non aver ancora capito che “Il Libano non è la Somalia, non è la Georgia, non è l’Ucraina: il Libano è diverso” parafrasando il discorso di Piazza Riad el Sohl dell’8 marzo 2005 del Capo di Hizb’Allah, Sayyed Hassan Nasrallah….’figuratevi’ quant’è diverso l’Iran…. Non c’è “storia”.

2 – In lingua italiana esistono le due edizioni de “Il Governo Islamico” quella curata dalla L.Ed.E. (Libreria Editrice Europa) di Roma nei primi anni Ottanta , con prefazione di ‘Omar Amin (Claudio Mutti) e quella, più recente, uscita nel 2006 per le Edizioni “Il Cerchio” di Rimini con una presentazione dell’Istituto Culturale dell’Ambasciata iraniana a Roma, una prefazione a cura del Prof. Franco Cardini ed un nostro saggio su “L’Imam Khomeini: la vita, la lotta, il pensiero” come postfazione.

 

 

 

 Articolo apparso sul sito internet www.terrasantalibera.org in data 8 Agosto 2009