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BLOG, STATISTICHE E ‘VENA’ SCRITTORIA – L’ARTE DEL NULLA…

2 Dic

BLOG, STATISTICHE E ‘VENA’ SCRITTORIA –  L’ARTE DEL NULLA …

–         di Dagoberto Bellucci

“Ho trovato una nave che salpava

ed ho chiesto, dove andava

nel porto delle illusioni

mi disse quel capitano

terra terra, forse cerco una chimera

questa sera, eterna sera…”

 

( Piero Ciampi – “Livorno” )

 

 

 

 

“Ancora una volta ho rimasto solo”

 

( Don Backy – “Solo” )

 

 

 

A distanza di sei mesi dall’apertura di questo blog, assolutamente indipendente e gestito in estrema solitudo (lo avevamo peraltro scritto fin dall’inizio – rileggetevi o leggetevi ex novo l’articolo “La solitudine dei numeri primi” –  quando sottolineavamo che “…si’ ricomincia’ come sempre “al di là dell’approvazione o disapprovazione altrui” perché…”ci vuole un fisico bestiale per fare quello che ti pare”…e noi continuiamo a fare ciò che maggiormente ci ‘aggrada’ e ‘piace’…”…lo stiamo facendo ed i risultati si sono ‘visti’) proviamo, senza alcun trasporto emotivo né particolare interesse, a fare il punto della situazione.

Ora premesso che poco ci importa ed ancor meno ci interessano quelle che sono state le reazioni – se vi va bene …bene….se non vi va bene …meglio ….mai obbligato nessuno né a leggerci né a starci ad ascoltare e tantomeno a darci ragione; che, a furia di sentirci dar ragione, con gli anni ci siamo inselvatichiti e inaciditi a sufficienza da fregarcene ampiamente… non ve l’ha ordinato il dottore di leggere le nostre mirabili estroversioni scrittorie né c’è una qualche terapia d’urto che vi imponga di approvarle….dunque a chi piace bene…a chi non piace ciò che scriviamo …meglio! – possiamo dire che, in un modo o in un altro, siamo riusciti comunque a far parlare di noi….in I’tal’yà ma soprattutto all’estero.

Se ciò possa essere considerato un bene questo non lo sappiamo; oggettivamente ci risulta quantomeno ininfluente.

E’ così da una vita e lo sarà anche domani. Ammesso e non concesso che continuiamo a tenere vivo questo spazio virtuale del quale ci frega, sia detto per inciso, meno di niente.

Non ce ne frega un cazzo onestamente parlando che si parli o meno di noi.

Ce ne frega ancora meno considerando quanti, e pare proprio che in I’tal’yà siano ancora parecchi, continuano inutilmente a ‘cercarci’ (…la ‘cerca’ del nulla…), a chiedere informazioni sul sottoscritto frantumando, immaginiamo, le nostre ma, soprattutto, le palle altrui….

Stiamo. Punto. Non c’è altro da sapere né da domandare.

Vi basti e avanzi.

Dove stiamo? Non sono affari vostri né lo saranno mai.

E questo indipendentemente da chi, da quali e da quanti siano i soggetti che ‘domandano’ vanamente notizie e info sul nostro conto.

Lasciamo stare e tiremm innanz…

E, stanchi dell’altrui miseria umana, stavolta facciamo in estrema solitudine senza ‘se’ e senza ‘ma’; senza “adulatori e piccoli fan” come già sottolineato all’inizio di questa ripartenza scrittoria che, stavolta, di ‘strategico’ non ha assolutamente niente; di politico poco o quasi nulla, di informatico forse qualcosa di più…. Poco, troppo poco, per prenderci sul serio.

Dunque diamo un’occhiata alle ‘cifre’ alias le statistiche di questi primi sei mesi.

Innanzitutto diciamo che abbiamo toccato quota 45mila letture e, considerando che il blog è stato scoperto dalla metà di luglio in avanti (fino a quel momento solo un centinaio di visite nel mese di giugno avevano mestamente fatto da corollario ai nostri articoli) ci sembra un discreto risultato: l’attuale media di post letti al giorno è salita a quota 600 e oltre nelle ultime settimane.

Lo è ancor più considerando che il ‘contatore’ – visibile ciccando in basso a destra di ogni pagina – riporta una evidente inesattezza: il conto degli attuali (al 2 dicembre appunto.) 10.003 visitatori deve intendersi non dal 31 Agosto come segnalato (data in cui abbiamo aperto l’account per creare una Clustr Map) ma dal 31 Ottobre scorso (data nel quale l’account è stato attivato) ossia da una trentina di giorni o poco più che, ‘cifre’ alla mano, danno un risultato di circa 300 e passa visitatori quotidiani.

Questi dati ci  sembrano interessanti. E lo sarebbero anche se solo ci interessassero realmente.

Perché, sia detto per inciso, non ci interessa da una vita chi, quali e quanti siano i nostri più o meno ipotetici lettori….

E’ da tempo, almeno dalla ripartenza scrittoria del 2010, che scriviamo oramai per noi stessi.

Ne vale la pena? Si fino a quando dura….altrimenti ‘au revoir’ senza alcuna pretesa di aver cambiato alcunché perché, e sia chiaro e semplice per chiunque, non è su un blog, su un forum, su una rivista nè attraverso un quotidiano o mediante qualche conferenza  o qualche altra misera manifestazione che si cambia la situazione politica di una nazione nè, come qualcuno forse demenzialmente ‘pensa’ (…ammesso che abbiano gli ‘strumenti’ per pensare…); serve a qualcosa, al massimo forse servono a ‘qualcuno’ ma questa è tutt’altra ‘storia’,  la costituzione dei movimentini da “zero virgola qualcosa” che in fin dei conti appartengono degnamente al ‘giochino’ della democrazia ed altrettanto indegnamente alle sue logiche…

A cosa serva “contro-informare” in una nazione che non vuol saperne minimamente di essere “informata”, dove sostanzialmente conta il napoletanissimo ma ‘nazionale’ “tiramm’a campà” e l’importante , come qualche secolo addietro, è sempre che “Franza o Spagna purchè se magna”?

A niente ovviamente.

L’importante è vivere all’ingrasso e fottere il prossimo tuo….più o meno.

Il ‘resto’ non conta. Non conta a livello globale figuriamoci nella colonia I’tal’yà:  di dignità meglio non parlarne sull’onore preferibile stendere un pietoso velo mentre sulla sovranità nazionale infine sarebbe più opportuno glisssare.

E, sia detto per inciso, l’Italia è da 65 anni un paese a sovranità negata.

 Negata dagli Stati Uniti d’America sul piano politico, militare, economico e culturale quindi un paese completamente e indiscutibilmente colonia di fatto e, né più né meno, una mera appendice dell’Impero a stelle e strisce.

L’Italia non esiste. Esiste un surrogato della nazione italiana, modellato da decenni dall’american way of life e conforme in tutto e per tutto ai desiderata americani.

Sono gli stessi ‘desiderata’, ovvero gli interessi “strategici” e politici degli Stati Uniti quindi di fatto i loro interessi immediati coincidenti con quelli del consumismo, base della loro società, e delle multinazionali – cuori nevralgici del sistema di sfruttamento capitalista mondiale -, per i quali i nostri servizi di sicurezza, le nostre forze dell’ordine e quelle armate hanno agito coscientemente e lucidamente negli anni ‘caldi’ della strategia della tensione creando una logica da guerra civile e da contrapposizione frontale tra italiani, agitando la minaccia comunista per imporre alchimie politiche che solo, e soltanto, per una questione di utilità non portarono l’Italia a trasformarsi in una repubblica delle banane di stampo sudamericano con l’instaurazione di un golpe militare e di una dittatura di destra funzionale esclusivamente a Washington.

Se in Italia ciò non avvenne fu per tutta una serie di motivazioni che non staremo qui ad analizzare. Basti sapere che l’Italia rientra perfettamente, e non da oggi, nella lista di quei “paesi di tipo A” del quale scrive John Kleeves nel suo “Vecchi Trucchi”: “…visti l’organizzazione politica interna ed il carattere nazionale gli Stati Uniti sono sinteticamente così descrivibili: un’oligarchia mercantile ossessivamente ed aggressivamente dedita ad aumentare la propria ricchezza. L’obbiettivo della politica estera americana è così determinato: esso non può essere altro che quello di agevolare le attività economiche all’estero dei propri imprenditori in modo che siano le più proficue possibili. Questo è infatti l’unico obbiettivo della politica estera americana, la logica interna a tutte le sue azioni. Si comprende meglio la politica estera americana – la si capisce anzi perfettamente – se si pensa agli Stati Uniti non come ad un paese come un altro, ma come ad una impresa commerciale privata: un’impresa commerciale privata ma enorme, con un bilancio aziendale pari ad un terzo del bilancio di tutti i paese del mondo messi assieme, privata ma armata, dotata di un “esercito aziendale” secondo solo a quello nazionale russo, ed infine privata ma extraterritoriale senza alcun’altra autorità cui debba rendere conto. Questa è in effetti, concettualmente, l’entità con cui il mondo ha a che fare

Gli Stati Uniti dai loro rapporti col mondo vogliono dunque questo: esportarvi ed investirvi proficuamente, il più proficuamente possibile.

Tali esigenze meramente economiche si trasformano rapidamente in precise esigenze politiche. (…)  A questo punto il primigenio interesse economico si è trasformato in uno politico. Esso infatti impone una precisa scala di preferenze da parte degli Stati Uniti in merito ai diversi tipi di governo che possono presentarsi nei vari paesi del mondo. Questa scala di preferenze ricalca inversamente il grado con cui i vari governi si preoccupano del benessere dei propri cittadini. Il gradimento sarà massimo per i governi – diciamo di Tipo ‘A’ – che non se ne preoccupano per niente; sarà così così per i governi – diciamo di Tipo ‘B’ – che se ne preoccupano così così; e sarà nullo o negativo (e cioè potrà trasformarsi in odio vero e proprio, in volontà di distruggerli) per quei governi – diciamo di Tipo ‘C’  – che se ne preoccupano molto, che pongono questo obbiettivo al di sopra di tutto.

Lo scopo della politica estera è quello di trasformare le preferenze in realtà: lo scopo della politica estera americana sarà quindi quello di incoraggiare, e quando possibile imporre, la presenza di governi di Tipo ‘A’ nel maggior numero possibile di paesi, di fare poi in modo che di quelli di Tipo B ve ne sia il minor numero possibile, e infine di far sì che, se possibile, non ve ne sia nessuno di Tipo ‘C’, il tipo di governo da evitare ad ogni costo.

Questo spiega i fatti e le parole della politica estera americana. I fatti sono riservati a quei paesi che sono completamente sotto il controllo degli Stati Uniti, come quasi tutti quelli dell’America Latina, come parecchi dell’Oriente e come parecchi dell’Africa. Qui gli Stati Uniti hanno praticamente la possibilità di imporre i tipi di governo che vogliono (la cosa non è automatica, ma alla fine è così) , e allora vediamo che si tratta di governi i quali – sotto forma nominale di dittatura militare, di repubblica parlamentare, di monarchia o emirato, e così via – non fanno affatto gli interessi della loro cittadinanza in generale, ma solo quelli di un’oligarchia economica locale, che sono più che compatibili con quelli degli Stati Uniti: essi sono cioè governi di Tipo A.

Non tutti i governi di “tipo A” che ci sono al mondo devono la loro esistenza all’intervento degli Stati Uniti: alcuni lo sono di propria spontanea volontà, per motivi endogeni. Ebbene, un altro fatto è che gli Stati Uniti sono immancabilmente grandi amici di questi governi, di tutti loro senza eccezioni. Naturalmente un altro dato di fatto è l’irriducibile ostilità degli Stati Uniti nei confronti dei paesi comunisti, paesi di tipo C per definizione.

Le parole – e cioè la propaganda – sono riservate a quei paesi nei quali un governo di Tipo A né si presenta spontaneamente e né può essere imposto dall’estero. In questi casi l’obbiettivo diviene quello di creare in essi almeno dei governi di Tipo B. A questo fine l’ideale è costituito da regimi parlamentari, che per loro natura offrono tale risultato. Questi regimi infatti esprimono governi che si preoccupano sì della disoccupazione, della protezione dei lavoratori dipendenti, del flusso di capitali all’estero e così via, ma sino a un certo punto (vedasi il caso dei paesi dell’Europa Occidentale). In questi paesi è ancora possibile esportare ed investire proficuamente benché non così come si potrebbe. Da qui la propaganda americana in questi paesi a favore della “libertà”, delle “libere elezioni”, della “democrazia” etc. , una propaganda che gli Stati Uniti si astengono di fare nei paesi di Tipo A.

I paesi di Tipo A sono dunque i mattoni con i quali gli Stati Uniti vorrebbero fosse fatto l’edificio del mondo.” (1).

E così l’Italia, ufficialmente appartenente a quei paesi definiti come “di tipo B” dall’autore (…un testo utilissimo per comprendere le dinamiche imperialistiche statunitense …ndr ), una volta cloroformizzata politicamente con il parlamentarismo e con la disintegrazione delle ideologia ha assunto – né più né meno – una valenza pari a quella di un paesi “di tipo A”: una repubblica delle banane appunto con tutto ciò che ne consegue sul piano della scomparsa definitiva di qualsivoglia sovranità nazionale sia in campo politico che in quello economico.

Ma queste sono cose che andiamo oramai affermando da quasi un ventennio…e più passa il tempo e peggio è…

Non ricordiamo dove abbiamo letto un commento a proposito di questo blog.

 C’era un qualcuno, da qualche parte, che l’aveva definito “da torre d’avorio”.

‘Sbagliato’….casomai da torre d’acciaio.

Sulla quale siamo saliti e dalla quale difficilmente – e a fatica – torneremo a scendere.

Perché ci ‘piace’ così….

In quanto a Noi…..per ‘dirla’ con Luca Carboni e Tiziano Ferro “…non riesco ad avere miti né eroi / io sono un mito per me…”.

Abbiamo fatto ciò che doveva essere fatto.

Oggi facciamo solo ciò che ci pare, scriviamo ciò che ci piace e soprattutto evitiamo accuratamente qualsivoglia contatto con il mondo esterno particolarmente con quello italiota….

E’ salutare e migliora le idee.

Stateci ‘bene’….

Au revoir….

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”

02  Dicembre 2011

NOTE –

1)      John Kleeves – “Vecchi trucchi  – Le strategie e la prassi della politica estera americana dalle armi nucleari in Europa, all’asservimento dell’America Latina, al traffico internazionale di droga ed altro” – Ediz. “Il Cerchio” – Rimini 1991;

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