LA STRATEGIA DELLA TENSIONE E IL PARTITO DEL GOLPE IN ITALIA – STORIE DI ORDINARIA INGERENZA ATLANTICA
– di Dagoberto Bellucci
“Un colpo di Stato consiste nell’infiltrazione di un piccolo ma fondamentale segmento dell’apparato statale che viene poi utilizzato per spostare il governo dal suo controllo”
( Edward Luttwak,Colpo di Stato: un manuale pratico, Harvard University Press, 1969 )
“Tecnica del colpo di Stato” è un volume pubblicato a Parigi nel1931 a firma dell’ebreo Curzio Malaparte (alias Kurt Erich Suckert ) e uscito successivamente in Italia dopo la guerra mondiale.
Nel testo sono narrate le principali tecniche di quella che, a tutt’oggi, viene definita nei “manuali” di strategia politica come un’azione violenta e illegale posta in essere – si badi bene – da un potere dello Stato e diretta a provocare un mutamento della forma del regime vigente.
Il volume dell’ebreo Suckert – ripubblicato quest’anno per i titoli della casa editrice “Adelphi” – fu all’epoca un attacco frontale contro i totalitarismi, rosso, nero o bruno che fossero, dominanti la scena mondiale tra le due guerra mondiali.
Non stupisce che sia stata proprio la casa editrice milanese che fa capo a Roberto Calasso a riproporlo al suo pubblico….basterebbe rileggersi anche solo velocemente il volume di Maurizio Blondet sugli “Adelphi della dissoluzione” per comprenderne chiaramente il perché un volume del genere possa ampiamente far parte della ‘biblioteca’ adelphiana.
Se esiste un ‘fil rouge’ che lega Calasso ed il suo gruppo editoriale agli ambienti di quella finanza laica – rigorosamente antifascista quanto altrettanto snob e ‘radical-chic’ da detestare l’ortodossia ed il monolitismo di segno opposto – che faceva riferimento al Gruppo della Comit ed a figure quali Raffaele Mattioli ed Enrico Cuccia; questo è l’odio riposto nei confronti dei due partiti-Chiesa usciti vincenti nel dopoguerra, la DC di De Gasperi e il PCI di Togliatti.
Un libro “maledetto” o, forse meno prosaicamente, un testo ante-litteram per quella che, dal secondo dopoguerra mondiale ad oggi sarebbe diventata una delle principali, se non la principale senz’altro la ‘preferita’, modalità d’azione di tutta la politica estera statunitense
Il testo si presenta come una spietata dissertazione delle diverse tipologie di colpi di Stato che l’autore prende in esame: la rivoluzione bolscevica del 1917 , i tentativi di putsch della destra tedesca nei primi anni Venti e l’esperienza fascista italiana.
“Il tema è come si conquista e come si difende uno Stato, la novità analizzata è la tecnica del colpo di Stato, il cui esempio luminare è quello bolscevico del 1917, opera -secondo Malaparte- più di Trotsckji che di Lenin e che non è dipeso da nessuna condizione sociale ed economica, ma solo dalla tecnica insurrezionale adottata. Gli sviluppi raccontati sono l’esempio di come si difende uno Stato, quello altrettanto esemplare dello scontro tra Stalin e Trotsckji e della vittoria del primo nel 1927, che aveva capito la tecnica adottata dieci anni prima dal rivale, e l’esempio del colpo di Stato fascista in Italia, del quale quello hitleriano in Germania è solo una caricatura. Malaparte, da un lato, stimola la borghesia a difendere lo Stato dai pericoli dei catilinari di destra e di sinistra, mentre dall’altro sembra suggerire ai catilinari o presunti tali come affinare la loro tattica se vogliono far riuscire i loro tentativi. E’ forse questa la ragione per cui il libro fu inviso ai dittatori, chiamati direttamente in causa, essendo il libro pubblicato nel 1931 e poi ristampato dopo la guerra nel 1948, ma anche ai borghesi e ai sinceri democratici, per le nudità del sistema democratico che rivelava. La tecnica del colpo di stato implica l’impiego sotto un’unica regia di un gruppo limitato di uomini tecnicamente competenti e determinati, o meglio spietati, non masse enormi e battaglie campali; richiede l’occupazione dei luoghi nevralgici dello Stato e del suo apparato organizzativo, non del Parlamento o delle Istituzioni; richiede di prevenire la possibilità che lo sciopero generale dei lavoratori e dei produttori sia utilizzato contro il colpo di Stato stesso, e qui vengono analizzati i casi differenti di Bauer che sventa il colpo di Stato di Kapp proprio grazie allo sciopero generale e lo scontro finale con le organizzazioni sindacali da parte delle squadre d’assalto fasciste di Mussolini, senza aver piegato le quali sarebbe stato impossibile per il fascismo fare il colpo di stato in Italia. Profetica per alcuni versi, ma non per altri, l’analisi dell’hitlerismo e della conquista del potere da parte di Hitler in Germania, avvenuta per via elettorale, ma poi una volta al governo consolidatasi come la dittatura più spietata di tutte”. (1)
Comprensibile che il libro finisse tra quelli bruciati dai nazionalsocialisti, fosse detestato da Trotskij e dal suo antagonista Stalin e poco amato da Mussolini.
Sarebbe necessario chiarire subito, sgombrando immediatamente il campo dagli equivoci, che le affermazioni ‘introduttive’ circa l’esperienza del Fascismo italiano e quella del Nazionalsocialismo tedesco – e per certi versi pure sullo stesso “golpe ebraico” condotto da Lenin nel 1917 nella Russia zarista – siano quantomeno relative e rientrino in un ambito non difforme da quello che pervase l’intera letteratura marxista sul fenomeno europeo delle Rivoluzioni Nazionali concepite esclusivamente come veri e propri colpi di coda dei sistemi capitalistici se non addirittura convergenti con le esigenze proprie del capitalismo in determinati momenti di crisi per salvare sé stesso: la storia dirà esattamente il contrario quando le demoplutocrazie capitaliste dell’Occidente scateneranno la guerra d’aggressione all’Europa dell’Ordine Nuovo in questo aiutate e sostenute ampiamente dall’URSS di Stalin.
Ma torniamo in ‘tema’: che cos’è esattamente un “colpo di Stato” – un coup d’ètat, un ‘alzamiento’ o ‘pronunciamiento’, un putsch o, nella ‘dizione’ che ha maggiormente avuto ‘fortuna’ – un Golpe?
Un colpo di Stato è la tecnica per il rovesciamento dello status quo, la deposizione extragiudiziale di un governo, il mutamento di una situazione politica.
Di norma dovrebbero tentare di rovesciare lo status quo politico e istituzionale di una nazione quelle forze che si trovano all’opposizione; è in questo contesto – e solo in questo – che potremmo definire “colpi di Stato” le rivoluzioni di Lenin e Mussolini che portarono alla formazione a Mosca e a Roma dei regimi totalitari sovietico e fascista.
Tecnicamente invece Adolf Hitler ed il NSDAP furono incaricati della formazione di un regolare governo il 30 Gennaio 1933 dopo aver dimostrato di essere la principale forza politica della Germania di Weimar a partire dai primi anni Trenta ( Hitler aveva tentato il putsch di Monaco nel 1924 ma, come tutti sanno, il ‘colpo’ fallì e portò il futuro Fuhrer del Terzo Reich in prigione…da allora – e seguendo una linea di condotta ideologico-politica lineare e coerente con quelli che furono gli indirizzi programmatici per la conquista del potere delineati nel “Mein Kampf” – il Nazionalsocialismo perseguì la via elettorale partecipando alla vita politica nazionale tedesca fino alla conquista del potere).
A rigor di logica quindi né Lenin, né Mussolini e tanto meno Hitler effettuarono colpi di Stato ma mutarono lo status quo attraverso dinamiche rivoluzionarie distinte che non andremo ad analizzare in questa sede.
Chi invece ha utilizzato massicciamente l’arma del ricatto golpista , facendo leva su una serie di fattori convergenti con i propri immediati interessi economici, sono stati dal secondo dopoguerra ad oggi gli Stati Uniti d’America i quali pur proclamandosi una “democrazia” parlamentare (in realtà gli USA sono una plutocrazia dove una minoranza di oligarchi detiene le redini del potere reale sia politicamente che economicamente dominando sul resto della popolazione americana che ignora l’esistenza di un autentico governo-ombra formato da quell’Establishment finanziario e capitalistica strutturato in entità semi-pubbliche quali il Council on Foreign Relations,la Commissione Trilaterale, le varie organizzazioni sinagogico-sistemiche pro-sioniste, le lobbie’s di pressione economiche, le logge massoniche e tutte le fondazioni che concorrono alla edificazione del Sistema di Potere americano) hanno sempre esercitato pressioni e utilizzato qualunque metodo pur di garantirsi quei privilegi che, nei quattro angoli del pianeta, venivano garantiti a Washington ed al suo sistema di sviluppo capitalistico-consumista da interessati e servili tenutari locali.
In America Latina soprattutto (il cortile di casa dello Zio Sam) ma anche in Africa, Vicino ed Estremo Oriente gli USA hanno così potuto finanziare in maniera indiscriminata qualunque genere di autorità: non importa se mascherata sotto i panni di un sistema democratico, monarchico o totalitario e se al potere vi fossero esecutivi composti da civili o militari; l’importante era che fosse conforme ai propri desiderata e affine ai propri interessi geo-strategici, economici, commerciali e militari.
Ingerenza. E’ questo l’aspetto più inquietante e visibile della politica estera statunitense dal dopoguerra mondiale ad oggi nei rapporti stabiliti dagli Stati Uniti nei confronti del resto del pianeta.
Un’attitudine determinata dalle linee-guida della politica estera USA – e non da altri fattori quali ad esempio l’emergenza della “guerra fredda” con l’URSS , che per gli americani ha rappresentato semplicemente un astuto espediente per controllare e pilotare a proprio vantaggio gli affari interni delle nazioni con le quali Washington ha stretto relazioni più o meno ‘amichevoli’ – a sua volta, come scrive John Kleeves (2), influenzata da due fattori: “…il modo in cui gli Stati Uniti sono organizzati politicamente all’interno, ed il carattere degli americani. Per quanto riguarda l’organizzazione politica interna c’è da dire che gli Stati Uniti sono un’oligarchia, e precisamente un’oligarchia basata sulla ricchezza. Gli Stati Uniti cioè sono un paese (…) dove una parte ben definita della popolazione (…) ha un dominio esclusivo sull’apparato dello Stato, sulla cosa pubblica. (…) Il secondo fattore che contribuisce a determinare la politica estera statunitense è il carattere degli americani. Ogni popolo ha nel carattere un elemento saliente, che domina su tutti gli altri e li condiziona. Questo elemento nel caso degli americani è chiarissimo: è l’ingordigia, l’avidità di cose materiali. Se fosse vero che l’uomo è un misto di materia e spirito, allora sarebbe giusto dire che gli americani sono fatti quasi esclusivamente della prima. Gli americani insomma adorano il danaro, che a loro non basta mai. Essi hanno come scopo nella vita quello di arricchire, uno scopo che in loro è del tutto fine a sé stesso. (…) Alla fine, visti l’organizzazione politica interna ed il carattere nazionale, gli Stati Uniti sono sinteticamente così descrivibili: un’oligarchia mercantile ossessivamente ed aggressivamente dedita ad aumentare la propria ricchezza.”.
Per mantenere il loro tenore di vita e per assicurarsi un predominio planetario – politico, economico, finanziario, tecnologico, culturale e militare – l’establishment che domina gli Stati Uniti è dovuto ricorrere a qualunque mezzo, utilizzando qualunque arma di ricatto, qualsiasi genere di pressione e ogni politica idonea che permettesse loro, ai plutocrati di Wall Street ed ai potenti oligarchi che guidano le multinazionali autentico motore dell’economia americana e mondiale, di perpetuare i loro traffici e mantenere sotto diretto controllo le nazioni , cominciando da quelle ‘ufficialmente’ “alleate”, e possibilmente aumentare i vantaggi derivati da relazioni internazionali stabilite essenzialmente in modo tale da condizionare pesantemente la vita politica e destabilizzare quella socio-economica altrui.
Gli USA infatti hanno sempre trattato i loro “alleati” come uno stato-invasore tratterebbe una nazione asservita: è questo l’aspetto decisamente più inquietante della politica americana come maturato anche nelle relazioni stabilite da Washington nei confronti dell’Europa occidentale all’epoca della guerra fredda e come evidenziato dalla innumerevole serie di attività sovversive e terroristiche progettate dalla CIA principale organismo di destabilizzazione per l’estero del governo americano.
La storia italiana compresa nel periodo tra la fine del secondo conflitto mondiale e la fine della guerra fredda ne è una lapalissiana conferma.
In quarantacinque anni di “guerra fredda” il nostro paese è stato trasformato in un grande capo di battaglia – vero e proprio ‘risiko’ geostrategico funzionale alle diverse forme e tecniche di sovversione – da parte dei servizi d’intelligence americani coadiuvati dai loro colleghi italiani ai quali si devono ascrivere tutta quella serie di inquinamenti, insabbiamenti e occultamenti della verità che furono commessi dal Sismi e dal Sisde nel trentennio compreso tra i primi anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta e che rientrano in quella pagina oscura della nostra storia politica che prende il nome di “strategia della tensione”.
Quando sosteniamo che l’Italia fu un enorme laboratorio politico occorre ricordare la triste stagione che, dal tentato “piano Solo” del 1964 e fino alle ultime stragi compiute a metà anni Ottanta, vide attiva quella vera e propria sovversione permanente elaborata e posta in essere dagli americani contro qualsiasi ipotesi di spostamento dell’asse politico nazionale verso l’area dominata dal PCI all’epoca il più forte partito comunista del blocco europeo-occidentale ed una evidente minaccia per… “la sicurezza nazionale” americana.
Un’opera di sovversione quella messa in atto dalla CIA e dai servizi italiani suoi gregari che mirava a stabilizzare il quadro politico attraverso il ricorso ad attività di provocazione, infiltrazione e destabilizzazione commesse contro i comunisti e le organizzazioni sindacali e di sinistra con il deliberato scopo di far nascere nell’opinione pubblica italiana la richiesta di maggior sicurezza che si traduceva , in parole povere, nel ricorso ad uno stato d’emergenza …un colpo di Stato appunto.
La subalternità dimostrata dai nostri servizi di sicurezza rispetto a quelli statunitensi (che di fatto li formarono e crearono all’ “ombra” della democrazia soltanto nel 1949 dopo cioè l’affermazione democristiana nelle elezioni politiche del 1948 e l’adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica) è stata ed è da considerarsi totale.
L’Italia non ha mai avuto una propria politica estera. Per quanto riguarda le decisioni principali – anche quelle dall’apparenza, ma solo dall’apparenza, contraddittorie che vennero prese sullo scacchiere mediterraneo dai suoi leader negli anni in cui imperversava il terrorismo internazionale – ed i contatti instaurati nelle direzioni più strampalate (Libia, Olp, ambienti del nascente fondamentalismo islamico, gruppi armati radicali dell’ultra-sinistra nazionale ed europea) si può tranquillamente affermare che se questa politica “autonoma” venne realizzata dai governi democristiani e socialisti ciò avvenne comunque con il consenso di Washington che sapeva e tollerava anche le “amicizie pericolose” intessute dai Moro, dagli Andreotti, dai Craxi e dagli altri dirigenti italiani con i Muhammar Gheddafi e gli Yasser Arafat.
Per dirla eufemisticamente con Henry Kissinger, ex segretario di Stato ebreo dell’amministrazione Carter e influente esponente dei circoli mondialisti del CFR e della Trilateral Commission, Muhammar Gheddafi era un “figlio di puttana” ma era…il ‘nostro’ (nel senso di Italia) figlio di puttana….
Gli USA avranno, sparsi nei quattro angoli del pianeta, altrettanti figli di ‘buona donna’ che alleveranno e coccoleranno altrettanto premurosamente…
Interessante a questo fine considerare attentamente come i vertici delle principali organizzazioni del terrorismo di estrema sinistra in Italia, cominciando dalle Brigate Rosse, fossero conosciuti dai servizi italiani che si limitarono spesso ad osservare lasciando fare quando serviva alzare la tensione politica nel paese. Questi uomini e queste organizzazioni furono ampiamente utilizzate dai servizi per i loro scopi come ammetteranno diversi esponenti anni dopo.
L’uso dell’infiltrazione politica alle estreme appartiene alla storia degli apparati di sicurezza da sempre: “la carriera di Ievno Azev, agente della polizia segreta zarista che si infiltrò all’interno di un gruppo rivoluzionario socialista, tanto abile da far dubitare della sua vera fede, è esemplare nel mostrare come sia difficile valutare la credibilità del singolo in un ambiente così oscuro come quello dei servizi segreti. I terroristi amici di Azev non riuscivano neanche ad accettare l’idea che lui lavorasse per il governo, tanto importante erano stati il suo apporto e la sua partecipazione agli attentati politici, compreso quello che costò la vita al capo dei servizi segreti stessi e al ministro degli Interni. Azev, nato nel 1869 e figlio di un sarto ebreo, divenne il capo dell’Organizzazione per la lotta dei socialisti rivoluzionari in seguito all’arresto dei suoi dirigenti; ma il fatto che a capo dell’organizzazione ci fosse un “agent provocateur” non interruppe la catena degli omicidi eccellenti. (…) Nel 1909 si scoprì che Azev era un infiltrato sin dal 1892 e che percepiva uno stipendio annuo di 14000 rubli. La sua carriera è un caso esemplare di doppia militanza” (3).
Il caso più eclatante, per restare all’Italia, rimane quello legato ai traffici di armi clandestine tra l’Olp di Arafat e le B.R. italiane mediato, negli anni Settanta, dalla scuola francese “Hyperion” più o meno una sorta di “succursale” per l’estremismo di sinistra che si riteneva controllata dai servizi d’oltralpe dello Sdece.
L’Hyperion avrebbe rappresentato per l’estrema sinistra quello che l’Aginter Press rappresentava per l’estrema destra: un rifugio, un centro direttivo ed una centrale operativa.
Entrambe con ogni probabilità erano controllate dai servizi e quindi note anche, se non soprattutto, in ambito NATO.
Tra le inchieste portate avanti dalla magistratura italiana una riguardò proprio i legami Olp-BR-Hyperion: “L’indagine salì agli onori della cronaca nel 1984 con la clamorosa emissione di un mandato di cattura per Yasser Arafat, con l’accusa di aver autorizzato la vendita alle BR di numerosi carichi d’armi. (…) Il giudice ne ricavò però l’idea che il traffico tra le BR e l’Olp fosse stato protetto e forse addirittura promosso dai servizi segreti italiani e dalla Cia. Mastelloni non lo afferma chiaramente, ma vi allude in modo indiretto. (…) Uno dei modi migliori per i servizi segreti di controllare un gruppo terroristico è quello di gestirne il rifornimento d’armi. E’ significativo pertanto che le armi delle Brigate Rosse siano passate attraverso la mediazione di Hyperion, un gruppo sospettato di collegamento con i servizi segreti. Una figura chiave nel traffico d’armi tra i gruppi palestinesi in Libano e i terroristi italiani era il colonnello Stefano Giovannone, ufficiale del Sismi a Beirut, che aveva aiutato Abu Ayad nel depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna. Un curioso episodio riportato dal giudice Mastelloni rivela la reazione di Giovandone all’arresto di due membri di Autonomia Operaia incriminati per essere stati trovati in possesso di un carico di armi ad Ortona nell’ottobre 1979. Giovannone convinse Georges Habash, leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) a rilasciare un comunicato nel quale si affermava che le armi appartenevano all’Fplp ed erano di passaggio in Italia, un’operazione che aveva ricevuto l’approvazione dell’ambasciata italiana a Beirut. (…) Ancora più delicato il ruolo di Giovannone all’interno del traffico di armi tra l’Olp e le Brigate Rosse. Nell’estate 1979 Mario Moretti e tre suoi compagni partirono in barca per il Libano per ricevere dall’Olp un carico d’armi. (…) Le armi erano fornite gratuitamente ma un certo quantitativo doveva rimanere a disposizione dell’Olp e le BR dovettero impegnarsi a usare le altre in attentati contro bersagli israeliani o NATO. (…) L’inchiesta di Mastelloni stabilì che un lanciagranate Rpg7 indotazione delle BR proveniva da un laboratorio libanese di Al-Fatah e che i mitra Sterling facevano parte di una fornitura d’armi ceduta ad Al Fatah dal governo tunisino nel 1968. (…) Mentre proseguiva la sua indagine sull’Olp e le BR, Mastelloni scoprì l’esistenza di un traffico d’armi trilaterale tra il governo italiano e l’Olp e tra l’Olp e le BR, che descrisse come “paradossale”- La spiegazione fornita dai servizi segreti fu che il governo italiano aveva stretto un accordo con l’Olp in seguito agli attentati da questi compiuti nei primi anni Settanta, secondo il quale l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina era libera di continuare le sue attività in Italia purchè s’impegnasse ad impedire altri attentati contro bersagli italiani. E’ difficile credere ,tuttavia, che il traffico d’armi con le BR , il cui obiettivo era il sovvertimento dello Stato italiano, rientrasse nei termini di questo accordo. Ancora una volta, una spiegazione plausibile emerge dal rapporto di Mastelloni. In esso si delinea la tesi che Giovannone fosse stato incaricato dal governo italiano del ruolo di mediatore nei contatti segreti tra CIA e Olp e che tale incarico portasse, nel1976, aun accordo segreto trala CIAe i servizi segreti di Al Fatah. Molti diplomatici e ufficiali dei servizi segreti interrogati da Mastelloni invocarono il segreto di Stato. (…) La conclusione implicita, anche se non espressa, è che il traffico d’armi tra le due organizzazioni (Olp e BR ndr) dipendesse dall’accordo stipulato tra CIA e Olp.” (4).
E questo, ovviamente, è soltanto uno “spaccato” di cosa fossero le organizzazioni terroriste degli anni Settanta, di quali modalità operative e strategie si dotassero all’epoca i servizi di sicurezza (italiani e americani) e di come facilmente fossero controllabili e quindi influenzabili le dinamiche che muovevano i gruppuscoli dell’estremismo politico di destra quanto di sinistra.
Di una cosa si può essere certi: a ‘vincere’ la partita di quei drammatici anni di contrapposizioni ideologiche e violenza politica furono i “burattinai” atlantici i quali – secondo quanto stabilito a Yalta fin dal 1944 tra le potenze uscite vincitrici dal conflitto mondiale – controllavano lo scacchiere italiano e operavano quelle pressioni dirette o indirette sui loro subalterni ‘tricolori’.
Occorre dunque qui ricordare anche le parole con le quali l’ex leader socialista Rino Formica , tra l’altro membro a suo tempo del Comitato parlamentare di controllo sull’attività dei servizi, accusava i nostri servizi, civili e militari, di “obbedire agli ordini ed ai disegni strategici degli americani.”.
“Nel 1974 il giornalista Massimo Caprara sul settimanale “Il Mondo” rivelò che “In base agli accordi Nato, il Sid è tenuto a passare notizie e ricevere istruzioni da una centrale apposita della C.I.A. che dipende direttamente dalla Presidenza degli Stati Uniti. Il nome in codice dell’ufficio ricetrasmittente negli USA è Brenno. Ancora. Un altro degli accordi Nato prevedeva l’istituzione degli Uspa ovvero degli Uffici Sicurezza Patto Atlantico. L’Uspa, presso il nostro ministero della Difesa, è sempre stato comandato dal capo del servizio segreto militare, ed è lui dunque che decide a quali personalità dello Stato si può concedere il famoso Nos, nulla osta sicurezza, che permette di accedere ai documenti segreti della Nato. In pratica sono sempre i servizi segreti a prendere una decisione che dovrebbe essere di carattere strettamente politico. (…) Le interferenze degli americani negli affari dei nostri servizi segreti diventano evidenti durante la gestione del generale Giovanni De Lorenzo. Ed è questo uno dei capitoli più scandagliati dai magistrati nella loro ordinanza. Il 27 dicembre 1955 De Lorenzo viene nominato capo del Sifar (vi resterà fino al 14 ottobre 1962: il periodo più lungo di permanenza al vertice di un servizio in Italia). La sua candidatura sollecitata personalmente dal presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, venne fortemente appoggiata da Carmel Office, “consigliere politico” del Dipartimento di Stato americano e collaboratore del capo della C.I.A. Allen Dulles. (…) Fra De Lorenzo e i servizi americani i rapporti divengono immediatamente strettissimi e coincidono significativamente con la grande e triste stagione delle schedature a fini di ricatto politico. Schedature indiscriminate. Presso l’ufficio “D” del Sifar a partire dal 1959, vengono raccolti 157mila dossier, dei quali 34mila intestati a personaggi del mondo della politica, dell’economia, del sindacato. Gli americani sono perfettamente al corrente delle schedature politiche operate dal Sifar tanto che, mano mano che De Lorenzo “schedava tutto e tutti”, una copia del dossier veniva inviata anche ai servizi americani.” (5)
Una modalità che, come vedremo, sarà perseguita dalla CIA in qualunque quadrante geo-strategico ritenuto “vitale” per gli interessi nazionali USA: non deve affatto stupire quindi la sudditanza dimostrata dai servizi segreti italiani rispetto ai loro ‘colleghi’ dipendendo di fatto i primi dai secondi secondo linee fissate a livello politico e quindi d’intelligence e militare che appartenevano a tutti i paesi membri della NATO organizzazione dominata dagli Stati Uniti e di fatto punta di diamante durante la guerra fredda per tutte le loro strategie che, nella fattispecie, al di là di “controllare” il nemico sovietico tenevano in scacco principalmente la politica europea sottomettendo i diversi governi del Vecchio Continente a forme di sudditanza totali rispetto alla superpotenza a stelle e strisce.
Come venne spesso fatto notare l’Alleanza Atlantica, nata ufficialmente come organizzazione con scopi difensivi, non si comprenderebbe esclusivamente in base ad un ipotetico ruolo anti-sovietico ma avrebbe un senso solo considerando i reali obiettivi di controllo e contenimento dell’Europa occidentale da parte americana.
Ed il suo mantenimento e allargamento verso Oriente a vent’anni dalla fine della cosiddetta guerra fredda conferma questa che non è affatto una semplice ipotesi quanto la risultante di una serie di politiche varate da Washington per bloccare la crescita economica, condizionare la vita politica e imporre le proprie linee guida strategiche e militari al Vecchio Continente riunificato dopo il crollo del muro di Berlino e la scomparsa dei regimi del socialismo reale dell’Est.
L’esistenza di una rete clandestina “preposta a garantire con ogni mezzo la collocazione internazionale dell’Italia all’interno dello schieramento atlantico, anche nel caso che l’elettorato si mostri difforme” (6) – l’organizzazione Gladio, filiale italiana della rete atlantica di Stay Behind – così come tutte le misure approntate dagli americani fin dal dopoguerra per sbarrare la strada ad una eventuale vittoria elettorale del PCI dimostrano chiaramente chi realmente avesse il potere e come se ne sarebbe servito nel caso le vicende politiche nazionali non avessero seguito la direzione indicata e voluta oltreoceano.
I comunisti rappresentarono un’autentica ossessione per gli americani a partire dalla fine della seconda guerra mondiale e fu per contrastarne l’avanzata elettorale che in Italia approntarono quella che lo stesso capo della CIA, William Colby, definì come “la maggiore operazione politica intrapresa dalla CIA fino ad allora” ossia prevenire e sbarrare la strada ad un successo comunista in un paese del blocco occidentale.
E’ quanto tutti , ai piani alti della politica, conoscevano perfettamente e – come Francesco Cossiga o Giulio Andreotti – si affrettarono ad occultare rimanendo fedeli all’arte tipicamente italiana di “obbedir tacendo” nei confronti dell’alleato americano il quale, già durante le ultime fasi della “resistenza”, aveva cominciato a selezionare i propri alleati nel campo dei partiti di tendenze democratiche costituendo organizzazioni clandestine ‘bianche’ dichiaratamente anticomuniste.
“Secondo Ray Cline, ex vicedirettore della CIA, il primo documento ufficiale registrato dal Consiglio Nazionale per la sicurezza, il 14 novembre 1947, fu l’Nsc/1 , un rapporto top secret dal titolo “La posizione degli Stati Uniti in rapporto all’Italia”. – scrive Philip Willan (7) – La preoccupazione americana circa l’esito delle elezioni del 1948 fu ingenerata da uno scritto di George Kennan, direttore del centro di pianificazione politica del Dipartimento di Stato, riportato da Cline nel suo testo “The CIA under Reagan, Bush and Casey”. Il 15 marzo 1947 Kennan scriveva: “Per ciò che riguarda l’Europa, l’Italia è indubbiamente il punto cruciale. Se i comunisti vincessero le elezioni, la nostra posizione nel Mediterraneo , e probabilmente in tutta l’Europa occidentale, correrebbe un grosso rischio”. Per Kennan i rischi erano davvero alti. Cline non aveva dubbi che la creazione dell’Ufficio per il coordinamento politico e l’affidamento alla CIA di operazioni politiche segrete “includesse sia operazioni paramilitari sia la guerra politica ed economica”. Cline individuava nel National Security Act del 1947 l’autorizzazione per le operazioni clandestine. In esso era stata inclusa una clausola elastica, onnicomprensiva, che riguardava le operazioni della CIA e “tutte quelle funzioni e quei doveri di competenza dei servizi segreti relativi alla sicurezza nazionale e soggetti, di volta in volta, al controllo del Consiglio Nazionale di sicurezza. (…) Per anni la Cia e alcune multinazionali americane avevano effettuato pagamenti di milioni di dollari a partiti italiani di destra e a personaggi politici che rivestivano ruoli determinanti per l’esito di certe elezioni “a rischio”.”.
Un paese privato della propria sovranità nazionale, economicamente e politicamente dipendente dalle scelte strategiche prese oltre-oceano e militarmente occupato da oltre un centinaio di basi sotto il controllo della NATO non aveva alcuna possibilità di fuoriuscire da quella logica da guerra civile innescata dagli organismi d’intelligence statunitensi e favorita grazie alla complicità dei loro colleghi e subalterni italiani.
Così dopo aver combattuto un conflitto civile tra fascisti e antifascisti all’indomani della guerra mondiale che aveva portato al crollo del Fascismo ed alla divisione in due sfere d’influenza del continente europeo, un intero paese si ritrovò occupato e distrutto e la sua classe politica di fede democratica da allora fu indotta a perseguire esclusivamente strategie funzionali all’anticomunismo di Washington per mantenersi saldamente al potere.
L’anti-comunismo statunitense servì per coprire le politiche di asservimento dei paesi “alleati” degli Stati Uniti ovvero per preservare il sistema di vita interno statunitense e continuare l’opera di sfruttamento di tipo neo-colonialista e imperialista che in tutti i continenti doveva rispondere alle strategie della superpotenza a stelle e strisce che non solo comprendevano, qualora necessario, il ricorso al colpo di Stato ma, come in America Latina, la sua estensione quale metodo politico sovversivo di lotta al fine non tanto – e non solo – di “fermare l’avanzata del comunismo” , che sarà sempre e soltanto il pretesto maggiormente utilizzato dagli americani per i loro interventi negli affari interni di altri paesi, ma soprattutto e specificamente quello di mantenere lo status quo nei rapporti di forza esistenti tra il centro dell’Impero e le sue province o colonie di fatto.
Come dichiarerà Vincenzo Vinciguerra “In Italia è successo quello che è accaduto in Argentina, dove i capi dei Montoneros (i guerriglieri di sinistra ndr) avevano legami con la giunta militare. In Argentina e in Italia la logica era comune e cioè creare organizzazioni ufficialmente dirette contro lo Stato, ma organizzazioni a loro volta capeggiate da uomini legati allo Stato” (8) e successivamente sostenendo che “Quando io faccio il parallelo tra l’Italia e l’Argentina non lo faccio soltanto per ragioni di logica, ma perché credo che vi sia un gruppo di persone che leghi la situazione italiana a quella argentina e dico che di quel gruppo di persone l’elemento conosciuto dal pubblico è Gelli.” (9).
In Italia non abbiamo avuto il “golpe” – come sperava, e per il quale ‘tifava’, una certa destra di fede atlantista durante il ventennio compreso tra i Sessanta e i Settanta – ma diversi tentativi e qualche velleità golpiste affiorarono e , come si usò dire e scrivere all’epoca, vi fu un certo “tintinnio di sciabole” con riferimento al “Piano Solo” del Gen. De Lorenzo del 1964 e passando successivamente per il Golpe Borghese del dicembre 1970, per il tentativo di colpo di Stato favorito dall’organizzazione “Rosa dei Venti” nell’agosto di quattro anni più tardi e per finire con il “Piano di Rinascita Democratica” della Loggia Propaganda 2 dominata dalla figura di Licio Gelli.
Per nostra fortuna possiamo dire che non abbiamo avuto dittature militari né alcun Augusto Pinochet “all’amatriciana” e, fortunatamente, nessun “desaparecidos” come avvenne in Argentina e , più o meno, in tutto il Centro e Sud America dove gli americani non lesineranno di militarizzare intere nazioni.
Malgrado ciò rimane – più o meno avvolta da una cappa di omertà e da quel vero e proprio muro di gomma di omissioni e falsità, mezze ammissioni e ritrattazioni – la percezione netta che l’Italia sia stata utilizzata a piacimento dagli Stati Uniti d’America come vero e proprio laboratorio politico all’interno del quale ‘provare’ soluzioni che potevano andare dal golpe militare ad una svolta autoritaria di “destra” passando per stragi di Stato, terrorismo, opposti estremismi e strategia della tensione.
In questa ottica rientrano anche l’omicidio targato CIA che portò alla morte di Enrico Mattei reo di essersi opposto allo strapotere delle multinazionali del petrolio per cercare una via autonoma alle esigenze di politica energetica del paese; l’assassinio di Aldo Moro – probabilmente eseguito dalle BR sotto la supervisione di CIA e Mossad che di fatto lasciarono campo libero per l’eliminazione di un politico scomodo per la sua politica filo-palestinese e che avrebbe portato i comunisti nell’area di governo attraverso il “compromesso storico” tra DC e PCI – e non dimenticando la fine politica ingloriosa riservata, con la stagione di Tangentopoli (‘golpe’ legalitario eterodiretto dalla Magistratura – organo dello Stato – contro i partiti della cosiddetta Prima Repubblica), a Bettino Craxi che scontò con un lungo e tormentato esilio in Tunisia l’ “affaire Sigonella”.
Anche Giulio Andreotti ‘pagò’ in termini politici – nel 1992 quando stava per diventare Presidente della Repubblica – le sue “simpatie” verso i palestinesi ed il mondo arabo: la sua corsa al Quirinale sarà interrotta dalle rivelazioni di alcuni pentiti di mafia su presunti “baci mafiosi” con il boss Totò Riina.
E non si dimentichi, infine, le stragi di Stato: dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura all’Italicus, da Bologna a Ustica nei confronti delle quali sono state fatte tante, troppe, congetture e ilazioni, speso pagine e pagine di inchieste e atti giudiziari, rovinato la vita di migliaia di persone senza che – a distanza di trenta o quarant’anni – sia stata accertata la verità.
Analizzeremo compiutamente il colpo di Stato che vedrà cadere sotto le grinfie di Washington il Guatemala , dove nel 1954 verrà deposto il legittimo governo presieduto da Jacobo Arbenz Guzman, (dieci anni più tardi, all’epoca in cui in Italia si pensò ad attuare il Piano Solo, toccherà al Brasile di Joào Goulart) per il momento ci limitiamo semplicemente a sottolineare come il ricorso ai ‘pronunciamientos’ militari rappresenterà una costante della politica estera americana specialmente quella attuata in America Latina.
La “tentazione” golpista della CIA avrebbe comunque avuto altrettanto successo in Iran all’epoca di Mossadeq negli anni Cinquanta e nell’Indonesia di Suharto nel decennio successivo non dimenticandoci ovviamente la Grecia dei Colonnelli che servirà probabilmente agli americani per valutare le reazioni dell’opinione pubblica di determinati paesi del blocco europeo-occidentale rispetto all’opzione “militare” in primis ovviamente l’Italia.
La storia del secondo dopoguerra mondiale e della guerra fredda è ancora tutta da scrivere.
Molte verità ufficialmente negate dalle autorità italiane sono contenute in quella mole di atti “top secret” sui quali è stato posto il segreto di Stato perché una verità troppo scomoda rischierebbe di disintegrare le residue speranze e l’altrettanto esile fiducia riposta dall’opinione pubblica italiana nei suoi governanti.
Una verità lapalissiana che tutti conoscono anche se – a cominciare dai mass media compiacenti ed asserviti al Potere e finendo con i responsabili e gli ‘attori’ , primari e secondari, che furono involontari ‘protagonisti’ di quella oscura stagione politica e che spesso si rifiutano di parlare perché sanno quali sono i rischi di eventuali dichiarazioni – come vero e proprio segreto di Pulcinella tutti fingono di ignorare ossia che l’intera responsabilità per la violenza politica, la contrapposizione ideologica, le trame golpiste e la strategia della tensione che si è alimentata del sangue di decine, centinaia, di civili innocenti ricade – in ultima analisi – sui servizi di sicurezza italiani i quali non era affatto “deviati” come ci hanno sempre ‘raccontato’ i media (ce le ‘raccontano’ proprio ‘bene’ a noi italiani…l’ultima idiozia è quella che vorrebbe Mario Monti “salvatore” della Patria…) ma rispondevano ad una precisa logica e ad una altrettanto precisa strategia loro imposta dai loro “colleghi-padroni” della CIA statunitense.
Ed uno Stato, per quanto deficiente e irresponsabile qual è quello italiota, non può mettersi sul banco degli accusati, lasciarsi processare e condannare…Mai.
Noi affermiamo che niente avviene per ‘caso’….perchè…come sempre…il ‘caso’ non esiste.
Au revoir….
DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”
6 Dicembre 2011
Note –
1 ) Introduzione a Curzio Malaparte – “Tecnica per il colpo di Stato” – Edizione “Adelphi”- Milano 2011;
2) John Kleeves – “Vecchi Trucchi – Le strategie e la prassi della politica estera americana, dalle armi nucleari in Europa, all’asservimento dell’America Latina, al traffico internazionale di droga ed altro” – Ediz. “Il Cerchio” – Rimini 1991;
3) Philip Willan – “I Burattinai – Stragi e complotti in Italia” – Ediz. “Tullio Pironti” – Napoli 1993;
4) Philip Willan – Ibidem;
5) Pietro Calderoni – “Servizi Segreti” – Ediz. “Tullio Pironti”- Napoli 1986;
6) Giuseppe De Lutiis – “Storia dei servizi segreti in Italia” – Editori Riuniti – Roma 1984;
7) Philip Willan – “I Burattinai – Stragi e complotti in Italia” – Ediz. “Tullio Pironti” – Napoli 1993;
8 ) Vincenzo Vinciguerra – Dichiarazione al giudice istruttore Zorzi , Carcere di Rebibbia, 6 Maggio 1985;
9) Vincenzo Vinciguerra – Dichiarazione al giudice istruttore Rosario Minna, Carcere di Viterbo, 2 Dicembre 1986;