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IL PARTITO NAZIONALE SOCIALE SIRIANO (PNSS/SSNP) DI ANTUN SA’ADA – AL HIZB AL SOURI AL QAWMI AL IJTIMAA’I

7 Dic

IL PARTITO NAZIONALE SOCIALE SIRIANO (PNSS / SSNP) DI ANTUN SA’ADA – AL HIZB AL SOURI AL QAWMI AL IJTIMAA’I

–          di Dagoberto Bellucci

 

Il Partito Nazionale Sociale Siriano rappresenta una delle realtà politiche e sociali più interessanti della scena politica libanese. Fondato nel 1932 da Antun Sa’ada si presenta come un partito anti-confessionale, laico, d’ispirazione nazionale e socialista e strutturato per anni sul modello dei partiti fascisti europei del quale riprenderà molto a livello ideologico.

Perno centrale della “weelthanshauung” (visione del mondo) del PNSS sarà l’unità della “Grande Siria”: all’epoca nel quale venne creato a Beirut da Sa’ada il Libano e la Siria erano sotto occupazione coloniale francese.

 Secondo Saada e i suoi militanti tale divisione – mantenuta nell’immediato secondo dopoguerra mondiale – oltre a rappresentare una artificiosa frattura nella storia tra i due paesi costituisce una violazione delle loro tradizioni, delle loro culture e civilizzazioni.

Il PNSS porterà avanti pertanto un disegno di ampio respiro geopolitico per creare una nuova unità macro-regionale nel Vicino Oriente che – secondo le idee del suo fondatore – doveva includere oltre alle già menzionate Siria e Libano anche l’isola di Cipro e parti della Palestina settentrionale, dell’Iraq e dell’attuale Giordania.

La diretta filiazione e l’influenza esercitata negli anni Trenta dal movimento nazionalsocialista tedesco viene rimarcata ancora oggi dalla bandiera ufficiale del Partito sul quale troneggia una rossa “zouba’a” (simbolo che starebbe a significare il ciclone, la tempesta) che ricorda molto lo svastica hitleriano e che per i militanti PNSS rappresenta il dinamismo del movimento. Il rosso simbolicamente viene riconosciuto come l’alba di una nuova era che rimpiazzerà quella dominante l’epoca attuale (lo sfondo nero); i quattro lati del disco rosso simboleggiano rispettivamente la libertà, la fermezza, la disciplina ed il potere.

Esiste un’altra spiegazione che viene spesso ricordata della “zouba’a” come simbolo di unità tra cristiani e musulmani (la croce cristiana e la mezzaluna islamica possono infatti essere sovrapposti dando così il simbolo del partito).

Con queste premesse il Partito Nazionale Sociale Siriano (talvolta denominato anche Partito Popolare Siriano) si presenta con tutti i crismi di essere un partito pan-siriano contrario fondamentalmente a qualunque panarabismo e, nella sua visione laica, a qualsiasi fondamentalismo confessionale.

Le caratteristiche tipiche della sua ideologia, la storia stessa del suo fondatore, fanno del PNSS un classico esempio di “partito fascista” creato da Sa’ada durante il periodo in cui emigrò in Brasile dove venne a contatto con molti tedeschi (lo stesso Sa’ada parlava correttamente tedesco e leggeva i classici del nazionalismo germanico dell’epoca rimanendo sicuramente influenzato dai teorici della destra tedesca): non è solo ipotetico pensare che usufruirà di questi contatti e della letteratura volkisch per la fondazione del suo movimento che intendeva come militante e rivoluzionario per la scena politica del Vicino Oriente.

Secondo quanto scrive Michael R. Fischbach sia il simbolo che il saluto , rassomiglianti agli analoghi simboli e saluti fascisti d’Italia e Germania, fanno del PNSS un movimento totalitario, tendenzialmente contrario alla democrazia e al marxismo, ultra-nazionalista sulla base delle proprie convinzioni pan-siriane e influente esclusivamente in Siria e Libano fino al 1950 e, successivamente, solo nel paese dei cedri (in particolare da quando arriveranno a Damasco a prendere il potere i panarabisti del Ba’ath).

L’ideologia anti-confessionale assunta dal PSNN sarà tra i motivi principali di contrasto – nel Libano degli anni Trenta sotto colonizzazione francese e, in prospettiva, fino all’epoca della guerra civile degli anni Settanta (e ancora oggi) – con un’altra organizzazione ispirata dal modello nazionalsocialista tedesco e creata nel paese dei cedri da Pierre Gemayel, George Naccache e Charles Hèlou ovvero la Falange Libanese (in arabo al-Katā’eb al-Lubnāniyya) definito anche Partito falangista libanese e creato nel 1936 per opporsi alla presenza francese – tanto da arrivare qualche anno più tardi a collaborare con il gruppo sunnita “Al Najjada” – e originariamente ispiratosi al substrato fenicio della tradizione nazionale.

In realtà immediatamente proclamata l’indipendenza del paese i falangisti saranno i gelosi eredi di una visione suprematista maronita sulle altre comunità confessionali, principali collaborazionisti con le potenze imperialiste e, durante l’invasione israeliana del paese nel 1982, tra i migliori alleati del regime d’occupazione sionista in nome di un’idea cripto-sionista legata alla volontà di fondare uno Stato etnico su basi cristiane denominato Marunistan alleato ovviamente in funzione anti-musulmana di “Israele”.

Divergenze sostanziali rispetto alla linea assunta nei confronti del Sionismo dal PNSS e dal suo fondatore Sa’ada per il quale l’idea sionista era un cancro per tutta la nazione araba ed un nemico oggettivo dell’indipendenza siriana.

In uno dei suoi scritti più famosi Antun Sa’ada rivendicò le radici siriache del popolo maronita del Libano che riteneva assolutamente inscindibile – culturalmente, linguisticamente e razzialmente  – dalla Siria e dalla sua civilizzazione.

Scriveva il fondatore del PNSS in merito: “Alcune persone ignoranti che non hanno studiato né la storia né l’etnografia hanno tentato di indurre in errore gli incauti che esiste in Libano un popolo discreto che non fa parte della nazione siriana e che si definisce come un popolo unico rispetto alla storia naturale della Siria. Quando i francesi occuparono il Libano questi interessati falsificatori della verità, per assicurarsi il futuro della comunità cristiana, iniziarono a propagandare la tesi di un’origine fenicia originaria e autonoma rispetto alla Siria.

Il mito dell’origine fenicia è servito per un piccolo gruppo confessionale ad avvalorare la tesi della discendenza fenicia dei libanesi prendendo come pretesto molte delle antiche civilizzazioni fenicie che comparvero nelle nostre zone, in particolare a Tiro, Sidone, Byblos. Ammesso, per amor di discussione, che questa nuova mistica “fenicia” (ovvero cananea) potesse avere un qualche fondo di verità sarebbe a questo punto conseguente considerare e collegare il popolo libanese – da un punto di vista etnico – più assimilabile a quello palestinese.

I fenici – che presero questo nome dai greci – si formarono come civiltà mediterranea al lato di quella che erala Palestinastorica, che all’epoca era conosciuta appunto come “la terra di Canaan”, centro religioso e culturale di tutte le etnie del ceppo semitico-cananeo. In realtà è stato assodato che i popoli che si diffusero in tuttala Siriastoria furono principalmente tre e da questa unione nacque il popolo libanese: i cananei, gli aramaici e gli ittiti. La loro integrazione e funzione porterà alla nascita di una nuova etnia che è quella attualmente definita siriana di origine siriaca alla quale appartiene anche il popolo libanese

Queste ricerche scientifiche definitive da dati relativi alla dimensione della pura antropologia che studia le singole razze o etnie da un punto di vista fisico rigoroso. La più decisiva di queste ricerche è stata quella realizzata dal dr. Kefrus studioso olandese, che, mentre insegnava presso l’Università americana di Beirut, ha studiato le razze presenti in Siria, in particolare quelli della montagna e delle pianure siriane al Nord e al Sud. Da questi studi, ha composto una relazione che ha presentato all’Accademia olandese. I maroniti in particolare – e la forma ittita,  sarebbe molto comune quindi concludeva che i maroniti sono Aramaici nella loro origine e la lingua, vale a dire di origine siriaca o “siriani” (…) La questione libanese non è mai stata una questione di una nazione né si è mai fondata su una razza particolarmente distinta e tantomeno da una terra separata..” (1)

Appare dunque evidente l’influenza delle idee razziali che, nella stessa epoca, affascinavano l’Europa.

Costituito in contrapposizione ai vari tentativi dell’occupante francese di dividere la Siria storica in diverse entità statali, sfruttando le vecchie divisioni confessionali ed etniche della regione, il PNSS non nascose le sue simpatie verso il Terzo Reich e fu immediatamente sospettato dalle autorità d’occupazione francese di lavorare per i servizi di sicurezza tedeschi.

I francesi che occupavano, sulla base dell’accordo Sykes-Picot stabilito con i britannici durante la 1.a Guerra Mondiale, Siria e Libano aizzavano le diverse componenti etniche e religiose per mantenere il proprio dominio incoraggiando un, fino a quel momento, inesistente “nazionalismo libanese” di cui si faranno portavoce i falangisti di Gemayel e sostenendo le velleità secessioniste della comunità alawita e dei drusi del Djebel (Monte Libano).

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il PNSS venne sciolto d’autorità per le sue simpatie verso la Germania hitleriana: dapprima da Daladier e poi sotto il governo “collaborazionista” di Pètain.

Dopo la conquista della Siria da parte delle forze anglo-golliste l’amministrazione messa in piedi dal Generale De Gaulle manterrà il divieto di ricostituzione di una forza politica che sarà tra le più attive, negli anni compresi tra il 1943 e il 1945 , nella organizzazione delle imponenti manifestazioni popolari che avrebbero portato alla fine del mandato coloniale francese e alla dichiarazione d’indipendenza nazionale del Libano (proclamata il 22 novembre del 43).

I militanti del PNSS si dimostreranno la punta di diamante dei moti di piazza e la loro milizia paramilitare particolarmente attiva contro la presenza degli invasori francesi anche se i loro sforzi furono vanificati dalla nascita di due Stati separati: dopo l’indipendenza libanese il 1.o gennaio 1946 arrivò anche quella della Siria.

I due nuovi Stati erano nati dalla frantumazione delle velleità imperialiste francesi nella regione: per Sa’ada ed i suoi il nuovo obiettivo sarebbe stato, da allora in avanti, quello di trovare il modo per giungere ad una riunificazione della “Grande Siria”.

Il risveglio del mondo arabo, che avrebbe trovato una sua concreta realizzazione nell’immediato secondo dopoguerra mondiale con la vittoria di Nasser in Egitto e le successive affermazioni negli anni Sessanta del Ba’ath in Iraq e Siria, era visto come un’altra delle componenti essenziali di quella riscossa araba proclamata dallo stesso Antun Sa’ada in funzione anti-imperialista e poi anti-sionista.

 Rimanevano comunque i netti contrasti con la visione panaraba ba’athista ed ill programma attorno al quale Sa’ada modellerà il suo PNSS continuerà ad utilizzare quale sovrastruttura ideologica e come richiamo storico-culturale  principalmente il motivo della civilizzazione siriaca con l’obiettivo di unificare tutti i territori della Grande Siria.

La caratteristica principale del PNSS fin dalla sua fondazione sarà quella di prendere decisamente le distanze sia dal micro-nazionalismo libanese – che attrasse molti intellettuali dell’epoca dandosi forma politica nella Falange di Gemayel – che dal grande nazionalismo arabo, il panarabismo d’ispirazione ba’athista e nasseriana che univa socialismo e nazionalismo.

Il PNSS continuava a battersi per la ricostruzione della Grande Siria inglobante, tra gli altri, paesi quali l’Iraq, la Giordania, il Libano, la Palestina e Cipro; territori i cui “abitanti – secondo Sa’ada – formavano una sola nazione”.

Tra le altre figure che furono artefici del successo del partito ricordiamo anche ‘Adib al Shishakli, membro di una famiglia curda siriana che dopo aver completato i suoi studi all’Accademia Militare di Damasco aderì al PNSS al pari di suo fratello Saleh.

Shishakli parteciperà, alla guida di un reggimento dell’Esercito Arabo di Liberazione alla prima guerra arabo-israeliana del 1948.

A seguito della disfatta araba del 48 il colonnello Husni al Za’im prenderà il potere a Damasco.

Intanto in Libano il PNSS , creato a Beirut e installato principalmente nel paese dei cedri, cercò fin dalle prime elezioni libere svoltesi nell’ex protettorato francese di giocare la carta della legalità tentando la via elettorale.

Molti dei suoi candidati verranno però esclusi dalle elezioni del 1947. Convinto dell’impossibilità di arrivare ad un successo attraverso il parlamentarismo e le elezioni democratiche Sa’ada opterà per un volontario esilio in Siria paese dal quale inizierà una densa attività per organizzare squadre paramilitari per l’organizzazione di attività sovversive contro la democrazia libanese.

Scoperta l’attività cospiratoria di Sa’ada dai servizi di sicurezza libanesi il governo di Beirut lo condannò a morte in contumacia  richiedendo espressamente alla Siria la sua consegna.

Il Colonnello Za’im al potere a Damasco, dopo aver promesso protezione al leader social-nazionalista , lo consegnò alle autorità libanesi che al rientro in patria lo fucilarono nel luglio 49.

Dopo questo tradimento Za’im cadde a sua volta vittima di un nuovo colpo di Stato. Il Colonnello Sami al Hinnawi, appartenente al PNSS, vendicò la morte di Sa’ada facendo arrestare e giustiziare Za’im. La moglie di Sa’ada ricevette una lettera dallo stesso al Hinnawi che la informava che la morte del marito era stata vendicata.

Al fianco del nuovo Presidente della Repubblica, Sami al Hinnawi, ritroveremo Adib al Shishakli che successivamente, nel 1951, assumerà e deterrà il potere a Damasco per due anni.

Il PNSS invece, messo fuorilegge in tutto il Libano, passò alla clandestinità intensificando le sue azioni e vendicando la morte del suo leader con l’assassinio del primo ministro libanese nel 1952, moltiplicando gli attentati a Beirut e in altre zone del Libano fino all’elezione di Camille Chamoun come Presidente della Repubblica.

L’elezione di Chamoun darà ai militanti del PNSS l’occasione di ritornare sul palcoscenico della politica libanese partecipando legalmente alle elezioni del 1953 caratterizzate da molti episodi di violenza tra opposte fazioni particolarmente tra militanti nazionalsociali siriani e falangisti.

Negli anni successivi il PNSS si caratterizzò soprattutto come braccio politico e militante anti-regime, lavorando per l’infiltrazione di molti dei suoi militanti nelle fila dell’esercito in preparazione della presa del potere per rovesciare la democrazia confessionale libanese funzionale esclusivamente agli interessi dell’elitè maronita legata alla Falange.

Il “coup de force” del PNSS arriverà nella notte tra il 31 dicembre 1961 e il 1.o gennaio 1962 ma fallirà provocando l’arresto di quasi 3500 suoi appartenenti e – a seguito di violenti scontri scoppiati in diverse zone del paese – la morte di una cinquantina di militanti e simpatizzanti. Anche in questo caso la repressione sarà condotta dalle squadre d’azione della Falange di Gemayel.

Ancora una volta il partito si ritrovò fuorilegge.

Ma in un paese come il Libano dove tutto può essere rimesso in discussione e sul quale, fin dai primi anni Settanta, soffiavano venti di crisi e nuove tensioni si erano andate sommando alle preesistenti nessuno poteva dormire sogni tranquilli: la creazione di un vero e proprio “stato nello stato” formato dai fedayn dell’Olp di Arafat – che erano stati cacciati a cannonate dal re Hussein di Giordania durante il Settembre Nero e ripararono nel paese dei cedri che, da allora, rappresentò l’ultima base utile rimasta alla Resistenza Palestinese per compiere i loro raid contro l’entità sionista – avrebbe presto rimesso in discussione tutto il fragile equilibrio di poteri e i rapporti di forza tra le diverse fazioni politiche libanesi.

La guerra civile libanese che scoppierà nell’aprile del 1975 com’era immaginabile scoperchierà il vaso di pandora di antichi rancori e mai sopite tensioni tra le diverse realtà etnico-confessionali dividendo le stesse comunità e i partiti politici che cominciarono una fratricida guerra che opporrà tutti contro tutti trasformando il paese in una vera e propria macelleria a cielo aperto dove a stragi ed eccidi si sommeranno interventi militari stranieri e terrorismo internazionale. Un immane bagno di sangue che durerà per quindici lunghi anni.

Il conflitto civile scoppierà ufficialmente il 13 aprile del 1975 quando nel sobborgo della capitale Beirut di Ayn al-Rummāneh viene condotto un attacco contro una funzione religiosa di falangisti opera si disse di guerriglieri palestinesi: quattro le vittime, sette i feriti.

Alcune ore più tardi per ritorsione le squadracce di Gemayel bloccarono un autobus stipato di lavoratori palestinesi che transitava nella stessa zona e ne trucidarono 27.

A quanto sembra l’attacco contro i falangisti sarebbe stato portato da membri del PNSS contro la guardia personale di Gemayel, l’eterno nemico, per vendicare la morte e le torture inflitte in carcere ai suoi militanti imprigionati dopo il fallito colpo di Stato del 1961.

Durante gli anni della guerra civile il PNSS entra in clandestinità, costituisce una forte milizia e mobilita tutte le sue forze paramilitari alleandosi con la resistenza palestinese e le fazioni socialprogressiste andando ad intensificare gli attacchi contro l’occupazione militare sionista nelle regioni del Sud occupate dove opereranno, a partire dai primi anni Ottanta, i collaborazionisti pro-israeliani del sedicente ELS (Esercito di Liberazione del Sud in arabo Jaysh Lubnān al-Janūbī) del maggiore Sa’d Haddad che sarà il primo ufficiale dell’Esercito Libanese a disertare per allearsi con i sionisti.

Haddad costituì sotto l’ala protettiva degli israeliani una milizia diretta da Antoine Lahad che costituì, fino alla primavera del 2000, il principale alleato d’ “Israele” (2).

Nel 1988 il leader dell’ELS Antoine Lahad, subentrato dal 1984 a Haddad alla guida della milizia filo-israeliana, scampò ad un attentato alla sua vita portato a compimento dalla libanese Soha Bechara, una militante del Fronte di Resistenza Patriottica Libanese gruppo che si era costituito durante il conflitto civile radunando in un’unica compagine  i miliziani del Partito Comunista Libanese, dell’Organizzazione per l’Azione Comunista in Libano e del Partito Nazionale Sociale Siriano. Per quanto seriamente ferito, Lahad sopravvisse.

Nel 1982, in piena guerra civile, il PNSS viene fortemente sospettato di essere il principale responsabile dell’attentato che costerà la vita al neo-eletto presidente della Repubblica Bashir Gemayel dando inizio alla rappresaglia cristiano maronita/israeliana che porterà al massacro di Sabra e Chatila (16 settembre di quell’anno).

In realtà l’assassinio di Gemayel è da ascrivere, principalmente a Elias Hobeika.

Elie (Elias) Hobeika fu il principale comandante militare delle milizie falangiste che uccisero un numero imprecisato di civili palestinesi ( un calcolo approssimativo parlerà di non meno di tremila vittime, forse cinquemila) nei campi profughi a sud della capitale e sotto la supervisione degli alleati israeliani guidati all’epoca da Ariel Sharon.

Hobeika salterà per aria prima di deporre una pericolosa testimonianza contro il suo ex “tutore” sionista.

La parabola politica di Hobeika comincerà sul finire degli anni Novanta a seguito della pubblicazione di informazioni riservate date alle stampe da Robert Hatem, vecchio responsabile della sicurezza personale del potente leader falangista che accusò apertamente il suo ‘padrino’ (le milizie falangiste operavano di fatto come una vera e propria famiglia mafiosa non lesinando traffici di droga, di armi e una aperta e vantata collaborazione con l’entità criminale sionista che vedrà una delle massime figure del falangismo libanese, Samir Geagea, coinvolto in loschi affari di traffici di sostanze tossiche che dovevano essere riversate sul lungomare di Beirut secondo un piano criminale ordito dal Mossad israeliano) di numerosi crimini di guerra (3).

La profonda rivalità che divide storicamente PNSS e Falange valse ai militanti del partito di Sa’ada una analoga accusa quando, nel novembre 2006, cadde sotto il piombo di ignoti sicari l’allora Ministro dell’Industria Pierre Amin Gemayel rampollo della famiglia che da sempre ha rappresentato il falangismo maronita.

In realtà modalità, tempi e luoghi farebbero pensare soprattutto ad un crimine perpetrato dagli uomini di Samir Geagea. All’epoca, secondo quanto ci dichiarò la Dr.ssa Rima Fakhri dell’Ufficio Politico di Hizb’Allah e quanto diffuso dagli organi d’informazione vicini al partito di Nasrallah, sembra che il leader Amin Gemayel – fratello di Bashir, padre di Pierre Amin ed ex Presidente della Repubblica – si fosse dimostrato disponibile ad un accordo di massima con l’opposizione nazionalista e filo-siriana capitanata dal movimento sciita filo-iraniano.

L’assassinio di suo figlio servì ad alzare pesantemente la tensione e portare scompiglio tra le fila del fronte maronita filo-occidentale: una tattica non nuova per l’ex terrorista e capo delle Forze Libanesi Samir Geagea.

Nel corso del conflitto civile si ricordano inoltre le attività di sabotaggio condotte dai militanti del PNSS contro le forze d’occupazione sionista in particolare i primi attentati suicidi commessi da kamikaze imbottiti di esplosivo che colpirono obiettivi nemici nel popolare e centralissimo quartiere di Hamra a Beirut..

A questo proposito va anche ricordata la figura di Sana Khyadali, militante PNSS di confessione sciita, che sarà la prima donna kamikaze del Vicino Oriente.

L’azione venne condotta dal PNSS il 9 aprile 1985 e la giovane sedicenne Sana Khyadali si lanciò contro un convoglio dell’esercito sionista che stava pattugliando la zona intorno a Jezzine nel sud sotto occupazione.

L’attentato kamikaze provocò la morte di due soldati israeliani.

Infine sempre durante il conflitto civile militanti PNSS furono severamente impegnati nella Battaglia del Monte Libano (1978/1981) e in diverse altre zone del paese contro le forze falangiste e i loro alleati israeliani.

Il PNSS , assieme ai due partiti confessionali sciiti di Haraqat  ‘Amal e Hizb’Allah, fu tra i principali ispiratori della resistenza anti-israeliana durante tutto il periodo della guerra civile.

In Siria il PNSS fu tollerato a partire dai primi anni 70 con l’ascesa al potere di Hafez el Assad e, nel 2005, l’attuale Presidente , Bashar el Assad, accettò che i militanti di questa storica forza pro-siriana si integrassero al blocco politico al potere a Damasco , il Fronte Nazionale Progressista che, oltre al Ba’ath, raccoglie numerosi partiti politici fra cui il PCS  (Partito Comunista Siriano).

Nella storia recente del Libano il PNSS, oltre a mantenere un costante seggio all’Assemblea Nazionale di Beirut, ha svolto un’intensa attività militante di fiancheggiamento di Hizb’Allah partecipando alle imponenti manifestazioni di piazza che a partire dal dicembre 2006 vedranno l’Opposizione Nazionale occupare stabilmente il centro della capitale per protesta contro il governo presieduto dal filo-occidentale Fouad Siniora.

Numerosi episodi di violenza hanno interessato membri e simpatizzanti del PNSS durante il biennio 2007/2008 che vedrà contrapposte le fazioni pro-occidentali (Corrente Futura di Hariri, Falange e Forze Libanesi maronite e PSP druso) a quelle filo-siriane (Hizb’Allah e una ventina di partiti alleati raccolti nell’Opposizione Patriottica): spesso il partito si ritroverà nel mirino delle bande mercenarie haririste e dei falangisti, sue sedi verranno distrutte, molti attivisti feriti dalla cieca violenza scatenata dai fautori del Libano sotto custodia occidentale e americana secondo il piano “Great Middle East Project” varato dalla Rand Corporation e  propagandato nelle principali capitali arabe dall’allora Segretario di Stato Condoleeza Rice.

Il braccio di ferro tra le due fazioni si risolverà con la “marcia” su Beirut condotta da reparti motorizzati e squadre d’azione di ‘Amal, Hizb’Allah e PNSS nel maggio 2008.

Militanti del ‘Qoumi’ presero d’assalto la televisione Future di proprietà della famiglia Hariri irrompendo nei locali dell’emittente televisiva nel cuore della capitale Beirut.

A livello di Assemblea Nazionale il PNSS appartiene al Blocco della Resistenza e dello Sviluppo, coalizione parlamentare composta da ‘Amal, Hizb’Allah, Ba’ath libanese e dal partito falangista filo-siriano di Karim Pakradouni.

Il PNSS senza alcun dubbio un’organizzazione rivoluzionaria puntata contro l’Imperialismo e il Sionismo e un movimento di resistenza per il Libano, primo fronte in armi contro il Nemico dell’Uomo.

DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

Direttore Responsabile Agenzia di Stampa “Islam Italia”

07 Dicembre 2011

NOTE –

1)      Antun Sa’ada – “The Maronites are Syriac Syrians” – I maroniti sono siriaco siriani – dal sito informatico ufficiale del PNSS:  www.ssnp.com ;

2)      Il 19 aprile del 1979 Haddad definì l’area controllata dai suoi miliziani come “Libero Stato del Libano” ( Dawlat Lubnān al-Hurr ). Il giorno seguente, venne riconosciuto come traditore dal governo libanese e ufficialmente espulso dall’esercito regolare libanese. L’Esercito del Libano Libero fu rinominato Esercito del Libano del Sud (ELS) nel maggio 1980.

Vi sono testimonianze oculari che indicano  i miliziani di Saad Haddad come co-responsabili, con gli uomini di Hobeika, del massacro di Sabra e Chatila nel 1982.

Durante il conflitto svoltosi nel Sud Libano nei primi anni Ottanta Saad Haddad diresse anche la stazione radio d’ispirazione “cristiana” “Voce della Speranza”, istituita dalla CIA e animata dall’evangelista statunitense, di sentimenti neo-conservatori, Pat Robertson: uno dei tanti fanatici pastori protestanti che hanno sostenuto il “clash of the civilizations” dell’ala radicale della Destra americana (in proposito si consiglia il sempre utile volume di Roberto Giammanco “L’immaginario al potere: religione, media e politica nell’America reaganiana.”, Roma, Editore Antonio Pellicani 1990) .

 Nel gennaio del 1984 Haddad morì di cancro sostituito da Antoine Lahad che prenderà la guida dell’ELS.

Col ritiro di Israele dal Libano, l’ELS si sciolse come neve al sole, i suoi miliziani cercarono di mettersi in salvo oltre frontiera unendosi alle truppe israeliane che si ritiravano ma pochi riuscirono realmente ad oltrepassare il confine.

Il loro comandante Antoine Lahad, che al momento del ritiro israeliano si trovava a Parigi con la famiglia, neppure avvertito dai militari israeliani di quanto unilateralmente aveva deciso il loro governo fece a malapena in tempo a tornare in Israele dopo che i resti del suo ELS erano allo sbaraglio.

Da allora Lahad vive a Tel Aviv. In Libano ha ricevuto una condanna a morte per alto tradimento.

La statua del suo predecessore, Haddad, venne abbattuta e trascinata per tutte le vie e piazze della cittadina libanese di Marjahyun da una folla festante che celebrava la liberazione il 25 maggio di undici anni or sono.

3)      Nel 1999, la vecchia guardia del corpo di Hobeika, Robert Hatem (alias Cobra), pubblicò un libro in cui accusava il suo antico datore di lavoro di aver architettato numerosi omicidi e crimini. Il libro circolò ampiamente in Libano mediante Internet. Le accuse formulate da Hatem (molte delle quali furono più tardi confermate dall’ex-capo della sicurezza delle Forze Libanesi, Asad Shaftari)  includono quanto segue:

  • L’assassinio nel 1978 a Zgharta di Tony Franjeh  e di tutta la sua famiglia (moglie e figlioletti), in combutta con Samir Geagea futuro comandante militare e leader delle F.L.;
  • L’assassinio dei rivali delle FL ;
  • L’esecuzione nel 1982 di 4 diplomatici iraniani rapiti dalle Forze Libanesi;
  • Il rapimento dell’uomo d’affari Roger Tamraz e di Charles Khouri Chalouhi;
  • Il tentato omicidio di Selim Hoss (politico filo-siriano e per anni primo ministro del paese dei cedri);
  • Il tentato omicidio nel 1985 di Mustafa Said, vicino alle posizioni dell’ex-Presidente della Repubblica Sulaymān Franjeh.

La più clamorosa rivelazione del libro fu l’accusa che Hobeika aveva cooperato con le forze siriane nell’assassinio del leader delle Forze Libanesi e Presidente eletto della Repubblica, il falangista Bashir Gemayel nel 1982 e che il massacro di Sabra e Chatila fosse stato concepito da Hobeika con l’avvallo del presidente siriano Assad per mettere in difficoltà “Israele” di fronte all’opinione pubblica internazionale e araba.

I lavori della Commissione Kahan in Israele decreteranno l’implausibilità di una simile ipotesi, gettando conseguentemente più che una semplice ombra sulla plausibilità del libro.

Hobeika fu particolarmente imbarazzato da questo libro e vide profilarsi la sua fine politica.

All’epoca Selim al-Hoss era Primo Ministro e intentò una causa giudiziaria. Mustafa Said pure si rivolse alla magistratura per avere giustizia dell’attentato dinamitardo del 1985 che aveva ucciso sua figlia e lo aveva lasciato inabile. Le indagini furono più tardi abbandonate ma tutto ciò danneggiò seriamente il prestigio politico e, soprattutto, le relazioni di Hobeika con l’alleato siriano.

Nel gennaio 2002, un’indagine fu aperta sui due vice di Hobeika al ministero dell’Energia (Fadi Saroufim e Rudy Baroudi) per corruzione. Dato che quell’episodio di corruzione era di dominio comune in Libano a quell’epoca, l’apertura di un’indagine contro esponenti di punta del “clan” ruotante attorno all’ex comandante falangista fu una chiara dimostrazione che il suo astro politico era in una fase nettamente discendente.

A Capodanno del 2001, il dott. Jean Ghanem, vice di Hobeika e secondo in comando nel suo partito, si schiantò con l’autovettura contro un albero. Morì il 14 gennaio 2002.

Hobeika raccontò a molti amici e confidenti che la morte di Ghanem non era stata accidentale ma rientrava in un piano per eliminarlo politicamente e forse anche fisicamente.

Aveva perfettamente ragione: dieci giorni dopo, il 24 gennaio 2002, Elie Hobeika fu ucciso, col suo autista e le guardie del corpo, da una bomba a Hazmieh (nella zona est di Beirut) vicino a casa sua e a poche centinaia di metri dal Quartier Generale dei Mukhabarat , i Servizi Segreti siriani.

Dieci chili di tnt furono piazzati in una berlina lì vicina che fu fatta esplodere con un telecomando; quattro serbatoi d’ossigeno nell’autovettura di Hobeika amplificarono l’esplosione.

Un gruppo sconosciuto, auto-nominatosi “Libanesi per un Libano Libero e Indipendente”, inviò per fax una rivendicazione in cui prendeva la paternità dell’attentato, definendo Hobeika un “agente siriano”.

La misteriosa sigla che si richiamava evidentemente all’ala dura del falangismo cristiano-maronita poteva benissimo essere una copertura di comodo: chiunque avesse avuto interesse ad eliminare uno scomodo testimone della guerra civile poteva aver piazzato l’autobomba che ne flagellò il corpo nell’attentato di Hazmieh.

Furono immediatamente sospettati del coinvolgimento nell’attentato soprattutto Israele e la CIA statunitense.

La “pista israeliana” sarebbe la più plausibile alla luce della volontà, espressa dallo stesso capo falangista, di testimoniare contro Ariel Sharon – all’epoca dell’attentato primo ministro a Tel Aviv – circa le sue responsabilità nei massacri di Sabra e Chatila di vent’anni prima.

Hobeika intendeva rispondere alle richieste della Corte Penale del Belgio che aveva aperto un’indagine per “crimini contro l’umanità” nei confronti di Sharon.

Secondo le rivelazioni più tardi diffuse da un senatore belga, Josy Dubie, l’ex capo falangista gli avrebbe confidato alcuni giorni prima della sua scomparsa che aveva grosse rivelazioni da fare che avrebbero chiarito le circostanze che portarono all’eccidio di Sabra e Chatila e, per questo, sarebbe stato minacciato di morte.

Quando Dubie gli chiese come mai non avesse immediatamente rivelato tutti i fatti di cui era a conoscenza si sentì rispondere che se li era “tenuti in vista del processo”.

 Evidentemente queste rivelazioni costarono caro a Hobeika: si sarebbe portato nella tomba i suoi “chiarimenti” per sempre.

Un altro assassinio, il 7 marzo 2002, eliminò anche Michael (‘Mike’) Nassar, figura di primo piano delle Forze Libanesi ed elemento molto vicino a Hobeika che venne assassinato da ignoti sicari a bordo della sua auto. Nassar era l’”armiere” della milizia falangista dopo la fine della guerra civile decretata a seguito degli accordi di Ta’if (Arabia Saudita) sottoscritti da tutti i partiti e le diverse fazioni libanesi che portarono alla normalizzazione della vita politica del paese e all’instaurazione di quella che venne definita dai media come la “pax siriana”.

Per la morte di Hobeika l’allora Ministro degli Interni libanese, Elias Murr, accuserà dichiaratamente “Israele” di essere il mandante dell’omicidio citando una traccia del contrassegno di guida della berlina che era stata fatta esplodere nell’attentato.

Da allora di Hobeika, e dei suoi molti segreti, in Libano non si parlò più e un pietoso velo di omertà venne steso per sempre sulla vicenda della strage dei palestinesi compiuta, unico fatto certo, da squadracce falangiste nei campi profughi di Sabra e Chatila.

OCCUPIED PALESTINE – Israeli Soldiers Arrest 7 Palestinians in Bethlehem, Qalqilya

7 Dic

Israeli Soldiers Arrest 7 Palestinians in Bethlehem, Qalqilya

BETHLEHEM, QALQILYA, December 6, 2011 (WAFA) – Israeli forces Thursday arrested seven Palestinians from the Bethlehem and Qaliqilya areas in the West Bank, according to witnesses.

They said a large number of Israeli soldiers accompanied by military vehicles raided the village of Kafr Kadum, in Qalqilia north of the West Bank, and arrested four Palestinians while handing another a notice to report to Israeli intelligence.

Israeli soldiers also arrested three young Palestinians from Doha town, west of Bethlehem, on their way back  from al-Khadir Stadium.  

 

( Fonte: www.english.wafa.ps )

OCCUPIED PALESTINE – Israeli Bulldozers Demolish House near Jerusalem

7 Dic

Israeli Bulldozers Demolish House near Jerusalem

JERUSALEM, December 6, 2011 (WAFA) – Israeli bulldozers Tuesday demolished a house under the pretext of building with no permit in al-Khalayleh neighborhood in al-Jib village, northwest of  Jerusalem, according to local sources.

Head of al-Khalayleh neighborhood, Ismail Abu Rabah, said Israeli soldiers accompanied by bulldozers and military vehicles closed down the area before demolishing the house.

The 70 square meter house which was built 15 years ago houses nine family members.

Witnesses said that soldiers also hung up demolishing orders on a number of other houses in the neighborhood.

Giv’at Ze’ev settlement was built on lands in the area;Israelaims to displace the residents of al-Khalayleh neighborhood in order to link all settlements in the area with each other.

 

( Fonte: www.english.wafa.ps )